ALESSIO BONI ha scelto di omaggiare Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière, con “L’uomo che oscurò il Re Sole – Vita di Molière” (produzione Infinito e Alessio Boni, Alessandro Quarta e Francesco Niccolini / Teatro Franco Parenti). Una dichiarazione d’amore al teatro, una rivendicazione (nell’accezione positiva del termine) della dignità e dell’unicità del mestiere dell’attore, dell’artista. «Che la condizione dell’attore sia difficile e che sconti una colpa equivalente al peccato originale non è una novità: attori musicisti e drammaturghi, ogni qualvolta hanno fatto professione di indipendenza e libertà, sono sempre stati i primi a esporsi al rischio della furia del potere e i primi a pagare.
È stato così nell’antichità, e ancora di più nel medioevo, quando, dopo l’anno Mille, il teatro è risorto, ma pagando un prezzo durissimo; ancora più feroce a fine Cinquecento, quando la Controriforma si è scagliata contro il palcoscenico, diventato luogo per eccellenza del demonio, e dunque contro attori, musicisti, scrittori e compositori: istrioni, ruffiani, prostitute, stregoni, ambasciatori di Satana. E non c’è esempio più potente, comico e tragico della storia del più grande attore e autore del Seicento francese».
Il 9 ottobre 2021, nella suggestiva location dei Bagni Misteriosi, abbiamo assistito a “L’uomo che oscurò il Re Sole”, respirando un’aria di libertà (prima che i teatri – e non solo – subissero nuovamente una chiusura a causa del covid) e ritrovata complicità con lo spettacolo dal vivo di cui sentivamo fortemente la mancanza. Così sono emersi alcuni elementi bizzarri, altri dolorosi di uno dei più grandi autori del teatro mondiale, con un racconto – interpretato – pensato ad hoc su quella vita, meritevole di essere conosciuta e rappresentata mettendosi a servizio e noi in ascolto.
Dal 12 al 23 aprile 2023, nell’omaggio del Teatro Franco Parenti di Milano per i quattrocento anni dalla nascita di Molière, iniziato con “Il malato immaginario” a Ottobre 2022 e che proseguirà con “Il Misantropo” dal 14/11 al 3/12 2023, si inserisce “L’uomo che oscurò il Re Sole”. Abbiamo approfondito con Boni (regista anche dello spettacolo), la genesi del progetto, cosa lo abbia affascinato di quest’uomo e artista, cosa possa colpire il pubblico durante questo viaggio… Addentratevi con noi in questo dialogo.
D: Sul piano empatico e delle indicazioni sue registiche, come vi siete ‘accordati’ con Alessandro Quarta?
«Ci siamo conosciuti durante il periodo del lockdown, quando abbiamo realizzato ad Arte Sella “Bach, Queneau, Esercizi e variazioni” con Mario Brunello e Danilo Rossi. Loro costituivano un terzetto d’archi fantastico e io voce recitante (iniziativa nata dalla petizione “L’arte è Vita” che ha raccolto 27.000 firme in favore dello spettacolo dal vivo e a difesa dei diritti di tutti coloro che lavorano nel mondo dell’arte e della cultura, nda). A pelle ci siamo riconosciuti, ripromettendoci di realizzare qualcosa insieme. Per caso, con Francesco Niccolini – il drammaturgo con cui collaboro da tempo – abbiamo letto “Vita del signor de Molière” di Michail Bulgakov e ne siamo rimasti entusiasti, tanto che gli ho chiesto di mettere subito nero su bianco un testo. Ho chiamato Alessandro, abbiamo fatto una full immersion bellissima di una settimana, in cui gli ho detto come seguirmi: lui ha creato delle musiche apposite, non ha inserito brani di Debussy o Mozart. Quando andiamo in scena, ha davanti a sé il mio copione e, a seconda di come io vario, lui varia».

D: Quindi esiste un margine di improvvisazione?
«Enorme. Se si viene il giorno successivo a quando lo si è visto, è già molto diverso. Questo è il valore aggiunto della proposta: ci siamo ‘sintonizzati’ e Alessandro ha capito perfettamente lo spirito».
D: Citando dallo spettacolo: «Il peccato è come la vivi quella professione, non la professione stessa»…
«È così, infatti la recitazione è risorta nell’anno Mille proprio nelle chiese. Non è da snobbare il mezzo in sé, a volte tutti ghettizzano la televisione (per fare un esempio), ma dipende da come la fai. Molière sottolinea che appunto non è il mestiere ma se si è bigotti e la vivi male, allora si pensa che gli artisti siano “ambasciatori di Satana”. Carlo Borromeo, a Milano, amava bruciare streghe e così se poteva bruciare vivo un attore lo faceva».
D: Quando lo ha proposto nel 2021, era ancora più calda la questione delle maestranze e trovo sia giusto che lo abbiate voluto inserire nel testo.
«Se si ferma uno spettacolo, non si ferma solo l’attore principale, ma con lui tutta la compagnia, macchinisti, costumisti, scenografi, direttori di scena, musicisti, coreografi. La gran parte delle persone non si rende conto di tutta la ‘macchina’ che c’è dietro e va detto. Visto il momento caldo, abbiamo preso la palla al balzo e il paragone c’è tutto».
D: Arriva anche una forte frecciata: «Non si capisce come mai la scomunica non coinvolga tutti gli spettatori, senza il quale il teatro non esiste»
«Lo trovo un input ‘provocatorio’ molto significativo, effettivamente perché non andare anche contro gli spettatori dato che vengono, pagano il biglietto per venire a vedere “cose sataniche”? La follia era tutta nelle mani di un uomo, bigotto, che dettava leggi… l’insolenza del potere».
D: In questo spettacolo emerge prepotentemente quanto il potere sia cieco, il che fa acquisire ancora più forza alla battaglia che Molière porta avanti nel dare dignità alla professione
«Noi sottolineiamo anche l’aspetto che venga gettato in una fossa comune. Cos’aveva fatto di male? Luigi XIV ebbe l’idea geniale di domandare fino a quale profondità la terra fosse consacrata, l’arcivescovo gli risponde fino a quattro piedi e così il re propone di scavare una fossa che arrivi a cinque piedi. Nonostante questo, non viene seppellito in una zona ‘normale’ di un cimitero, ma tra i bambini morti prima di essere battezzati e i suicidi. Perché tanta acredine contro un attore? Lui, come tutti gli altri, diceva la verità. “Viva er teatro dove tutto è finto, ma niente c’è de farzo” diceva un grande come Proietti.

La fortuna di Molière sta nella nascita di una vera e profonda amicizia tra lui e il Re Sole – e non sempre ha potuto fare tutto ciò che avrebbe voluto in quanto, sotto il giudizio della Chiesa, veniva fermato anche lui. Lo stesso Caravaggio era protetto dal cardinal Dal Monte. Se si riflette, c’è sempre qualcuno che andava al di là, comprendendo l’arte Luigi XIV ha incitato il genio di Molière, si divertiva molto nel vedere rappresentati i lacchè di corte, essendo consapevole di quanti ce ne fossero. Non c’è niente di così vivido nel rivedere la cosa in scena, basti pensare ad Amleto che, per comprendere se il re padre fosse stato ucciso dallo zio, indica agli attori di riprodurre la stessa commedia per osservare la reazione che, in effetti, è clamorosa. Mai ti rivedi così tanto come avviene con lo specchio del teatro».
D: La trappola per topi di cui parlava il maestro Orazio Costa
«Proprio così e Molière è geniale poiché percepisce tutto questo nel ’600. Non apparteneva alla nobiltà né aveva una determinata prestanza. Era un uomo nato prematuro, gracile, piccolino, balbuziente, figlio di un tappezziere».
D: Tant’è che si scontrò col padre in merito alla strada che voleva intraprendere
«Lo scontro col padre ce l’avrai sempre ed è bene che ci sia. Ancor più a quell’epoca, ma lui si è dimostrato tignoso: ciò che mi ha colpito più di tutto – e l’ho scoperto preparando lo spettacolo – è che abbia fatto otto anni di tournée ininterrotta per tutta la Francia con bordate di fischi e mele marce schiantate in faccia e lui continuava. Io avrei lasciato il mestiere, come si fa a reggere psicologicamente, emotivamente per così tanto? Come vivi? Come mantieni la fiducia in te stesso? Ho letto che tra una recita e l’altra andavano a fare i mercanti o i facchini».
D: Fino all’incontro con Tiberio Fiorilli della Commedia dell’Arte (verso il 1640 rappresentò in Francia la maschera Scaramuccia, incontrando grande fortuna col nome di Scaramouche.)…
«È stato lui a consigliargli di lasciar perdere la tragedia. Molière trasforma la sua incapacità tragica in una capacità tragicomica incredibile».
D: Ho apprezzato di questa proposta non solo alcuni tratti della sua storia (anche meno noti), ma il fatto che cavalca la sua caratteristica dell’ironia, scherzando, facendo il gioco del teatro
«Avendo accanto anche Alessandro, devo dire che c’è tantissima ironia. Stiamo parlando di un uomo e un artista che viveva di ironia, era anche auto-ironico – ad esempio la sua frustrazione d’amore nei confronti di Armande Béjart la mette in scena ne “La scuola delle mogli”. Chissà quanto soffriva anche nel rappresentare perché portava a rivivere certi dolori».

D: Alessio, cosa vorrebbe che arrivasse assolutamente de “L’uomo che oscurò il Re Sole”?
«Milano ci ha accolto benissimo, così come è avvenuto a Lucca e in altre piazze. La gente ride, sorride e si commuove comprendendo cos’era quest’uomo. Chi non conosce nulla di Molière esce estasiato. Il proposito che abbiamo noi (riferendomi anche al quadrivio) è leggere il più possibile per poi tirarne fuori l’essenza e in un’ora o poco più ce la mettiamo tutta per restituirla – in questo caso è un ‘bignami’ della vita di Molière. Se lo spettatore poi vorrà andarsi a leggere “Il Misantropo” o a vedere il “Tartufo” sarebbe come fare bingo nell’essere portatori di cultura».
D: A proposito del vostro lavoro, c’è un punto in cui dice: «Ritratti della Parigi di quegli anni sono frustrate che lasciano un segno indelebile nel salotto della Parigi zuccherosa e ipocrita». Portandolo a oggi, quali frecciate vorresti e vorreste mandare?
«Non sono Molière, siamo a mille passi di distanze. Abbiamo scelto dei romanzi che ti fanno capire, tramite uno scritto strepitoso, che cos’è un sogno, che cos’è il coraggio, che cosa significa perseguire i propri intendimenti dritti come voli di freccia fino alla propria perdizione senza mollare. Don Chisciotte è un anti-eroe, le prende in continuazione, è sempre a terra, ma qual è il messaggio? Si rialza, non molla! Così Molière e alla fine entrambi sono conosciuti dal mondo intero e vincono loro».
D: C’è, quindi, un filo conduttore?
«Continua e ci sarà sempre. Anche nei concertati a due con Marcello Prayer in cui abbiamo portato gli scritti della Merini, di Pasolini. I più grandi sono stati bistrattati perché davano fastidio: Pasolini è stato ucciso. Nel jet-set della poesia italiana, la Merini non veniva considerata una poetessa. Abbiamo sempre dato un occhio a coloro che alzavano la voce per dire la verità e non venivano presi in considerazione o cercavano di metterli a tacere e tappargli le ali. Tra questi rientrano anche Piero Ciampi, Giorgio Gaber, Pavese. Sono quelli che mi interessano maggiormente».
D: È molto bella questa linea di coerenza
«Siamo uguali con Francesco, Roberto (Aldorasi) e Marcello, altrimenti non ci saremmo neanche messi insieme».
D: Possiamo concludere dando appuntamento al prossimo progetto su cui state lavorando?
«Debuttiamo il 12 dicembre al Donizetti come termine dell’anno di Bergamo come capitale della cultura, sempre in collaborazione con Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, con “L’Iliade – Il gioco degli Dei” e sarà tutto da vedere».
Ph cover: Ph Giusva Cennamo – Ag Cubo