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Artisticamente Magazine

Barbora Bobulova: «Sono una che si nutre del proprio lavoro»

Barbora Bobulova: «Sono una che si nutre del proprio lavoro»

Tempo di lettura: 14 minuti

 

Confrontarsi con BARBORA BOBULOVA significa mettere – e mettersi – sempre in discussione, rilanciando la palla sugli argomenti più disparati e che, soprattutto, ci toccano. «Sono una persona con mille dubbi, non ho mai la certezza su quale sia la cosa giusta o sbagliata da fare (intende nella quotidianità, nda); magari ho maggiori certezze sul mio lavoro, ad esempio capita che discuta col regista (in senso costruttivo, nda) se c’è qualcosa che a me convince e a lui no e cerco di convincerlo».
Ascoltare queste parole ci è sembrato subito un atto di lealtà e, se vorrete leggere l’intervista, man mano che andrete avanti, vi renderete conto di come la Bobulova sia una donna e un’attrice determinata (in particolare in alcuni ambiti), ma questo non le impedisce di essere sempre in una posizione di riflessione, curiosità e messa in gioco, anzi. Dall’altro lato emerge un grande pozzo di umanità (che può comprendere anche le ombre) a cui attinge sia per tratteggiare il ruolo di turno, sia per cogliere la realtà che la circonda e/o che osserva sia per rapportarsi con chi sta dialogando.
Siamo partite con la sua Anna nella fiction “Studio Battaglia” (in onda su Rai1, regia di Simone Spada) per poi passare alla Gloria ne “Il Re” (Sky Original), offrendoci la possibilità di spaziare moltissimo…

Barbora Bobulova Il Re
Conf. stampa “Il Re” – courtesy of Sky

D: Partendo da “Studio Battaglia” mi ha colpita una battuta della prima puntata che, a mio parere, è molto esemplificativa del suo personaggio: «Prima o poi bisogna tagliare il cordone». In più, a un tratto, Anna sottolinea quanto sia stato crudele l’abbandono… Mi piacerebbe approfondire questo tema molto forte dal punto di vista anche generazionale».

«Anna nutre l’esigenza di tagliare il cordone ombelicale dalla madre, che, nel suo caso, corrisponde sia sul piano emotivo che su quello professionale, anche perché lei ha tutt’altro carattere. È molto diversa dalla mamma, lavorando nello stesso studio si è accorta che non sarebbe potuta andare d’accordo con i suoi metodi non condividendoli. Tutto ciò ha portato alla necessità di staccarsi da una madre che le ha cresciute da sola perché il padre se n’è andato quando erano piccole. Sicuramente Anna non prende questa decisione a cuor leggero, ma nel momento in cui lo fa, paradossalmente si verifica anche il ritorno del padre. S’intrecciano e sovrappongono elementi che creano in lei una bufera di emozioni e sentimenti pure molto contrastanti, con cui poi deve combattere, oltre alla professione da avvocata che è da battaglia. Ci sono battaglie quotidiane che un avvocato deve affrontare: in questa fiction vengono narrate storie di tante battaglie non solo lavorative, ma anche sentimentali.

Barbora Bobulova
“Studio Battaglia”, in foto Barbora Bobulova ed Emma Fasano – Ph Matteo Graia

Probabilmente Anna è un avvocato insolito perché ipotizzo che la maggior parte degli avvocati cercano di difendere il proprio cliente a prescindere se questi abbia torto o ragione, vanno per distruggere l’altro. Temo che siano più numerosi gli avvocati come quello interpretato da Lunetta Savino rispetto al mio, che manifesta un volto umano, con dei principi etici che non riesce ad abbandonare, cercando di stare sempre dalla parte del più debole e ciò avviene anche nelle cause in cui percepisce che il proprio cliente non ha totalmente ragione, prova a farglielo comprendere.
Personalmente credo che se tanti mestieri si facessero con un’etica diversa, con uno sguardo differente verso l’umanità, di riflesso il mondo sarebbe diverso. In questa prospettiva nutro una grande simpatia verso Anna perché vorrei che ci fossero più persone come lei…».

Barbora Bobulova
“Studio Battaglia”, in foto Barbora Bobulova e Carla Signoris – Ph Matteo Graia

D: Si empatizza con lei

«Se ci fosse questa empatia tra le persone, sono sicura che vivremmo meglio».

D: In questo momento lo si avverte ancora di più. Mi ha colpita l’intervento di Trabacchi inerente alla situazione attuale…

«Ha fatto davvero un bel commento sulla condizione di oggi, su come si muova il mondo, compresa la riflessione conclusiva: “Una serie ricca da un punto di vista psicologico, che porta sensibilità e prospettive femminili e in questi giorni cupi mi domando spesso come andrebbe il mondo se governassero le mogli di questi signori che sono al comando”. Spesso me lo chiedo anch’io cosa accadrebbe se il potere passasse nelle mani delle donne, forse dobbiamo cominciare a dare molto più spazio al loro perché sono convinta anch’io che se avessero il potere le donne, sono sicura che tutte queste guerre non ci sarebbero. Le guerre le fanno gli uomini, da sempre.

Barbora Bobulova Studio Battaglia
“Studio Battaglia”, in foto Barbora Bobulova e Thomas Trabacchi – Ph Matteo Graia

D: Ho avuto un contraccolpo nel vedere le foto di queste donne, che, da un lato volevano resistere, il che significa armarsi….

«Anch’io sono abbastanza sconvolta da quello che vedo,  in parte confusa a dire la verità, ma non mi meraviglia questa loro reazione perché l’estate scorsa sono stata proprio a Kiev, dove ho girato per due settimane e già in quella circostanza mi aveva colpito come il popolo ucraino fosse molto orgoglioso di sé, di essere appunto ucraini – e questo aspetto non lo rintraccio nel mio paese d’origine, la Slovacchia. Vedere adesso questa loro voglia nel lottare per la propria libertà a costo di vite umane è stupefacente».   

D: Si riferiva all’opera seconda di Andrea Magnani?

«Sì, s’intitola “La lunga corsa”. Lo trovo un regista molto interessante. Abbiamo girato completamente a Kìiev per cui ho avuto modo di cogliere la loro fierezza nell’essere ucraini. Quindi non mi sorprende che lottino anche le donne; io non so se ne sarei capace. Stanno compiendo tanti sacrifici, vedono anche loro le tantissime vittime, ma non mollano! Chapeau».

D: Tornando a “Studio Battaglia”, secondo lei come mai dobbiamo attingere ancora a dei prodotti esteri per riuscire a dare così tanto spazio al femminile?

«C’è stata questa coincidenza, in cui ultimamente sulla Rai, insieme al nostro, abbiamo visto “Vostro onore” e “Noi”: sono tutti format già fatti. Questo mi fa interrogare sul fatto che forse non riusciamo a essere così originali per cui ci ritroviamo ad attingere dagli altri per adattarli alla realtà italiana. Per quanto riguarda la questione femminile ritengo che sia un cammino ancora molto lungo, però mentre in televisione ci sono dei segnali più positivi – il cinema resta tuttora un affare maschile. Mi piacerebbe tantissimo vedere le nostre serie del livello di “The Crown” o “La regina degli scacchi”; mentre all’estero le eroine sono appunto la Regina o un genio degli scacchi, da noi troppo spesso sono stati mostrati i lati più deboli della donna. Quello forte ancora ci ostiniamo a non mostrarlo, forse perché ne abbiamo paura, non lo so».

Barbora Bobulova
“Studio Battaglia”, in foto Barbara Bobulova e Giorgio Marchesi – Ph Matteo Graia

D: Con l’esperienza che ha un’idea se la sarà fatta, mi sembra un’analisi corretta…

«Oggi tutti si sentono liberi di dire la propria su tutto; io purtroppo ho un certo tipo di rapporto con la parola: penso che le parole siano spesso devianti perciò. a volte, non sono mai sicura, mi metto metto molto in discussione pure rispetto a ciò che dico – magari il giorno dopo ci ripenso.Non credo di avere la verità assoluta in ciò che affermo. Mi pongo delle domande, vivo qui da circa 25 anni e da quando ho messo piede, l’Italia è in continua trasformazione. Ad esempio ho interpretato, allora, dei ruoli bellissimi come Maria Josè per cui sorge spontaneo domandarsi che cosa sia avvenuto visto che di protagoniste così ce ne sono sempre meno o, forse, è accaduto solo a me che, con l’età, non mi hanno proposto in quella direzione».

D: Ricordo che intervistando Lunetta Savino alla decima edizione del Bif&st, aveva sottolineato come avesse dovuto attendere così tanto per un ruolo da protagonista in un film, “Rosa”…

«Ritengo che noi attrici abbiamo proprio delle fasi… e poi i registi – essendo prevalentemente uomini – siano più bravi a descrivere il proprio mondo e che abbiano una difficoltà nel capire man mano che una donna matura e cresce – questo accade perché dobbiamo essere sempre un po’ catalogate, si passi dall’interpretare le ragazze, poi la mamma fino alla nonna. [Sempre con questo suo modo umile, quasi di ragionare ad alta voce e al contempo confrontarsi con chi sta parlando] Magari quando si è in un’età di passaggio tra la ragazza e la donna e quindi non sanno bene, di certo non è a nostro favore. Constato una tendenza: si pensa che la figura femminile crescendo sfiorisca, invece per l’uomo è il contrario: spesso agli attori della mia stessa età vengono attribuite compagne di 10-15 anni più giovani; a me raramente succede che affianchino un compagno, ad esempio, di dieci anni in meno. Questa disparità non la trovo molto giusta, esiste questo cliché: uomo maturo-donna più giovane, chissà, forse l’essere umano ha bisogno di zone comfort».

Barbora Bobulova Studio Battaglia
“Studio Battaglia” – Ph Matteo Graia

D: Barbora, parallelamente su Sky stanno trasmettendo “Il Re”, in cui viene messo al centro e in discussione il concetto di giustizia. Il suo personaggio, alla fine del secondo episodio, afferma: «La guerra è finita, i soldati tornano a casa e cominciano a vivere».

«Ne “Il Re” le due battaglie – quelle sul campo di lavoro e sentimentale – le compie Bruno (Luca Zingaretti), essendo il centro della storia. Con quella mia battuta mi riferivo a una guerra tra noi due, avendo una relazione che è arrivata a capolinea ed è stata anche abbastanza travagliata per via del periodo duro con la figlia ammalatasi di cancro… i figli non solo uniscono, ma possono anche dividere. Penso che ogni separazione sia una battaglia, ‘basterebbe’ che uno accettasse; per Bruno l’accettazione avviene con molta più difficoltà, forse anche perché stava perdendo un po’ il controllo nel proprio carcere. Per lui, il mio personaggio, Gloria, era sempre un porto sicuro e nel momento in cui si accorge che non sa più di chi fidarsi nel proprio ambiente… perdere anche lei è un colpo molto forte».

Barbora Bobulova Il Re
“Il Re”, in foto Barbora Bobulova e Luca Zingaretti – courtesy of Sky

D: Anche la stessa figlia afferma: Non siamo mai stati una famiglia… sarebbe da interrogarsi su cosa voglia dire ‘famiglia normale’

«Che cos’è oggi la famiglia normale e che cosa vogliamo far credere che sia la famiglia. Ritengo che sia sempre una questione in cui uno vuole credere. È sbagliato stabilire qual è la famiglia normale; senz’altro la società indirizza, ci sono le tendenze che impongono ‘una normalità’, ma cosa c’è sotto il termine normalità? Mi chiedo sempre da dove derivi questa sicurezza delle persone che possono dare un nome a qualcosa dicendo che è normale. Spesso non comprendo questa certezza della gente che crede che questa sia la normalità, ma non sorge mai un dubbio che magari possa essere anche un’altra cosa?».

Barbora Bobulova
Conf. stampa “Il Re” – courtesy of Sky

D: Comprendo e condivido la sua riflessione, certo, dopo aver trascorso i due anni intensi di covid e adesso la guerra, forse i dubbi dovrebbero nascere ancora più spontaneamente…

«Secondo me la più grande paura è quella dell’incertezza, di conseguenza ognuno cerca i propri porti sicuri. Dopo due anni in cui abbiamo vissuto la condizione dello schivare un nemico invisibile, che non si sapeva da dove potesse sbucare fuori, avverto che c’è proprio una voglia di certezze. Per quanto mi riguarda, non mi è mai piaciuto quando dicevano in questo periodo che abbiamo attraversato: vorrei tornare alla vita di prima. Mi sono sempre sempre detta: io no, vorrei una vita migliore, diversa; mi sembra che questi due anni li vorremmo soltanto dimenticare, sarebbe sbagliato…».

D: È impossibile visti i segni che hanno lasciato e lasciano addosso…

«Appunto, dovremmo far sì che ci aiutino a percorrere cammini diversi, ad approcciarsi alle cose in modo differente, a cambiare. È molto difficile che si verifichi nella società consumista; per esempio sono molto confusa anche rispetto alla transizione ecologica perché è completamente in contraddizione con l’economia che si basa sul consumismo. Come si fa a essere ecologici se, invece, ci spingono a consumare? Sono due percorsi completamente diversi… Per far sì che avvenga la transizione ecologica bisogna abolire certe abitudini, so che ci vuole coraggio. Vanno eliminate cose superflue, ma anche qui si pone l’interrogativo: chi stabilisce cosa è superfluo? Anche questa è una bella domanda, è un processo sicuramente molto difficile…».

Barbora Bobulova
“Anche libero va bene”

D: Ripensando ai suoi lavori, ci sono degli appuntamenti che tornano all’interno del suo percorso, penso a Simone Spada o a Kim Rossi Stuart. Le andrebbe di raccontarci che tipo di rapporto si è sviluppato?

«Con Kim ho rilavorato perché questo suo ultimo film è il seguito del primo (“Anche libero va bene”) quindi noi incarniamo gli stessi personaggi, ma vent’anni dopo. Mi ha fatto piacere rivederlo…».

D: Immagino che sia lui che Spada abbiano approcci diversi

«Tutti i registi si approcciano in modo differente, quello che conta per un’attrice e che può anche cambiare il rapporto è soprattutto che il regista sia un uomo risolto o non risolto.
Preferisco ovviamente lavorare con registi che come uomini siano risolti perché è più semplice».

D: Ha notato un cambiamento di sguardo, dal punto di vista professionale, nel reincontrarli? 

«Con Simone sono amica da tanti anni anche perché lui ha due bambine per cui ci frequentavamo anche al di là del lavoro, nei momenti di svago e della quotidianità familiare. Con Kim no, non ci frequentavamo però con lui credo che il rapporto si basi su una grande stima reciproca quindi, rivederci dopo tanti anni negli stessi personaggi è stato molto bello».

Barbora Bobulova backstage Studio Battaglia
“Studio Battaglia”, in foto Barbora Bobulova, Diane Fleri e Simone Spada – Ph Matteo Graia

D: A proposito del dare più potere alle donne, ha preso parte all’opera prima di Pilar Fogliati, cosa ci può raccontare? 

«Io sono la psicanalista da cui vanno tutte e quattro le ragazze, è un filo conduttore in cui lei si racconta e poi parte il racconto di ciascuna ragazza».

D: Pilar è un’attrice particolare, fa le imitazioni, ha delle corde specifiche, alcune ancora da scoprire a mio parere..

«Mi sono trovata molto bene, è una ragazza con enormi potenzialità, molto umile, che si mette in discussione per ogni scena, è una perfezionista che cerca di migliorare, non ha paura della critica. Si è messa a servizio di tutti, è stato molto bello recitare con lei ed è anche stimolante vedere una una ragazza della sua età così ben preparata. Devo dire che è stata un’esperienza unica: mi ha fatto bene vedere una collega più giovane così brava, in gamba, mi piace quando lavoro con i giovani e soprattutto quando colgo una certa umiltà nel fare questo mestiere – e non si vede sempre. Pilar mi ha colpito con il suo modo di fare ed è proprio una bella persona. I ragazzi di oggi spesso sono distratti, lei arrivava sul set concentratissima, disciplinata».

D: Sono parole molto sentite… sembra proprio che se lo sia meritato questo esordio dietro la macchina da presa

«Le auguro che sia soltanto l’inizio di una sua lunga carriera. Penso che farà strada!».  

Barbora Bobulova Il Re
“Il Re”, in foto Barbora Bobulova – courtesy of Sky

D: Per quanto concerne il teatro, aveva realizzato con Lavia “Una donna mite” e, dopo tanti anni, è tornata con “Anfitrione” per la regia di Filippo Dini. Spero che non trascorrano altri dieci anni tra uno spettacolo e l’altro…

«A me piacerebbe molto perché “Anfitrione” mi ha fatto tornare ed è stata un’esperienza molto positiva, forse anche perché mi sono trovata sul palcoscenico tra attori magnifici come Antonio Catania, Gigio Alberti, Giovanni Esposito… non sarebbe potuto andare meglio di così. Sono stata talmente bene che vorrei tornare a teatro, però è molto difficile in questo periodo in cui il mondo delle serie è molto attivo – girarne una ci lega per mesi per cui non è facile incastrare gli impegni teatrali». 

D: Pensando ad “Anfitrione”, a proposito appunto di personaggi femminili forti, ce n’è uno che vorrebbe portare in scena? Se la sentirebbe di realizzare anche un monologo?

«Ritengo che per portare in scena un monologo debba esserci prima di tutto un testo pazzesco e un regista bravissimo. Non so se ho questa ambizione; sicuramente non sono quel tipo di attrice che va a cercare un monologo per rappresentarlo, se me lo dovessero proporre e mi colpisse a tal punto da non riuscire a dire di no, allora accetterei. Non escludo mai nulla a priori».

D: Ha in mente un testo contemporaneo o è più propensa verso i classici?

«Non ho preferenze; forse più al cinema nutro dei sogni: mi piacerebbe tantissimo interpretare dei personaggi come la Nikita di Luc Besson oppure il tenente Ripley di “Alien” diretto da Ridley Scott. A teatro, pensando su quale potrebbe essere il mio sogno, direi: prendere parte a un musical come “Mamma mia».

D: Mi può confermare che è sul set del nuovo film di Nanni Moretti?

«Sì, s’intitola “Il sol dell’ avvenire”».

D: Ha un’idea su quando potrebbero uscire i film pronti?

«No e purtroppo neanche loro. Per le sale cinematografiche credo che siano mutate diverse cose, hanno risentito tantissimo perché ormai tutti si sono abituati con i grandi schermi in casa e, quindi, andare a vedere un film in sala sembra veramente un affare di lusso purtroppo».

Barbora Bobulova
“Il Re” – courtesy of Sky

D: A proposito del suo porsi tante domande, si è chiesta come si potrebbe riuscire a riconquistare il pubblico? 

«A tanti interrogativi non riesco a trovare delle risposte; ovviamente rifletto sulla situazione. Sono una spettatrice che, ad esempio, non ama le sale dei grandi centri commerciali, dove c’è un puro consumismo – i popcorn Ii puoi mangiare guardando solo o un cartone animato o un film di puro intrattenimento. Non amo chi mi mastica accanto. Quando vado al cinema vado dove non si consuma cibo durante la visione del film e questa potrebbe essere la strada, non credo di essere l’unica, ci sono le persone che hanno voglia di andare a vedere un bel film in sala senza che accanto ci sia qualcuno che mangi i popcorn.

Barbora Bobulova
“Tutte le mie notti”

Non voglio essere fraintesa: ci deve essere sia l’offerta delle sale in cui si possono portare i bambini e andare con tutta la famiglia, sia l’alternativa.
In più, ho notato anche in passato, che un film usciva e se nei primi tre giorni non incassava, lo toglievano… così ne ho persi tantissimi; invece, avere delle sale come i teatri di repertorio, dove programmano delle opere uscite anche due mesi fa potrebbe essere interessante.
Va pure considerato che le abitudini da città a città mutano, bisogna studiare la singola situazione».

D: Quando ci siamo confrontate su “Hotel Gagarin” e sul tema della fuga, lei mi aveva risposto: «Tutti i giorni, per il mio carattere, ho bisogno di fuggire diventando qualcun altro, in più se si gira al estero è un’esperienza totalizzante e aveva sottolineato il fatto che non le piacesse viaggiare da turista ma attraverso il suo lavoro, aggiungendo che il cambiamento è la linfa della vita». A distanza di alcuni anni e di quello che abbiamo attraversato, c’è qualcosa che aggiungerebbe rispetto a questa prospettiva e al desiderio di fuga. 

«Il mio pensiero è rimasto abbastanza invariato, mi piace sempre viaggiare più per lavoro che per il turismo, scoprire i posti girando un film. Forse questo è dettato pure dalla pigrizia perché mi piace stare a casa, sono una che si nutre del proprio lavoro – anche perché a casa ne ho un altro: occuparmi delle mie figlie: cerco di seguirle e di fornire degli strumenti (essendo ancora minorenni) che possano tornare utili nella loro esplorazione del mondo, nell’ orientarsi. Tutto il tempo libero che ho lo dedico al loro perché, quel poco tempo che mi rimane prima che compiano diciotto anni, vorrei ancora riempire questi loro ‘bagagli’ prima che se ne vadano via di casa. È un lavoro da cui non mi sottraggo, che occupa pure tanto tempo. Per ora metto ancora loro al primo posto rispetto alle mie esigenze personali per cui la mia vita in questo momento è divisa tra lavoro e le mie figlie». 

Barbora Bobulova
“Studio Battaglia”, backstage – Ph Matteo Graia

D: Sembra quasi di chiudere un cerchio rispetto al punto in cui abbiamo iniziato l’intervista: Anna di “Studio Battaglia” che rompe il cordone ombelicale…

«Quando vorranno rompere loro il cordone ombelicale – e spero che lo faranno perché è giusto che si faccia – voglio che siano pronte, forti e non si perdano perché il mondo di oggi purtroppo è molto diverso, pieno di pericoli e insidie, quindi auguro loro di poter soprattutto volare in alto». 

 

Ph cover: Azzurra Primavera

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