“BLACK OUT – Vite sospese” è un mistery-drama ambientato in alta quota. Un racconto fatto di suspence, ma anche di sentimenti e umanità.
Black Out – Vite sospese: trama
«I protagonisti sono i clienti di un lussuoso albergo nel piccolo ed esclusivo polo sciistico nella Valle del Vanoi, in Trentino. Qui trascorrono le feste di Natale in compagnia dei propri cari.
Ma la terra trema e il distacco di un’imponente slavina isola la Valle e impedisce i soccorsi possibili dall’unico passo che la collega con il resto del mondo. Il paese è isolato, l’elettricità saltata, le comunicazioni interrotte. In quella che avrebbe dovuto essere una piacevole vacanza, restano intrappolati personaggi con segreti da nascondere, identità celate e ambigui professionisti pronti a tutto. Tra di loro c’è anche un assassino.
La valanga costringe vacanzieri e residenti nel piccolo paese a vivere un’esperienza unica che li obbligherà a fare i conti con se stessi e con gli altri: potranno venirne fuori, solo se supereranno le loro paure, i loro pregiudizi ed impareranno ad essere una comunità.
Quando si crede di aver perso tutto, spesso, si ritrova se stessi e il coraggio di combattere per ciò che conta davvero» (dalla presentazione).
Black Out – Vite sospese: cast artistico e tecnico
Diretto da Riccardo Donna (girato in grande formato 6 K utilizzando importanti VFX e grandi effetti digitali), vede protagonista Alessandro Preziosi affiancato dall’attrice tedesca Rike Schmid, Marco Rossetti, Aurora Ruffino, Caterina Shulha, Maria Roveran, l’attore francese Mickaël Lumière e, tra gli altri, i giovani Federico Russo, Riccardo Maria Manera e Juju Di Domenico.
Con una troupe composta da più di cento persone, ottanta attori e tante figurazioni scelte sul territorio, “Black Out” è una coproduzione Rai Fiction – Èliseo Entertainment, con la partecipazione di Viola Film, in collaborazione con Trentino Film Commission, prodotta da Luca Barbareschi.
Black Out – Vite sospese: conferenza stampa
MARIA PIA AMMIRATI, direttrice di Rai Fiction: «Questa è una storia nuova. Abbiamo cominciato bene quest’anno con tante storie, ma questa è ancora un pezzettino diverso dal resto che vi proponiamo. Intanto si parte da un caso, da un grande evento, da destini incrociati [ricorda Calvino], vado un po’ sul sentiero di questi destini che si trovano in un luogo. Esploriamo tutta l’Italia, per questa serie siamo in montagna, nelle valli meravigliose del Trentino, con la neve, quindi con una situazione climatica diversa e tutto inizia con un evento drammatico.
È stata definita come un mistery, lo è; si tratta di un mistery relazionale dove i destini incrociati mettono insieme tante persone, dove le dividono e le ricompongono. Noi purtroppo abbiamo un paese molto fragile per molti versi, quindi, quando si assiste alla prima puntata, si vedono soprattutto anche le nostre debolezze e si coglie come la natura, ancora una volta, risulti importante. Questo è uno dei grandi temi di questa serie: come la natura debba essere rispettata in maniera profonda, ecco perché mi piace questo nuovo racconto che non solo è differente – un mistery al limite del distopico – e poi insieme a questi argomenti e grandi generi andiamo a parlare di cosa sia la natura, il caso, di che cos’è un mondo che pensiamo di conoscere, ma che invece è infinito, che ci offre tante possibilità di esplorazione, ma anche tanti problemi e drammi. Dall’evento passeremo all’isolamento, con l’isolamento si affrontano le relazioni tra persone e ancora questo rapporto straordinario tra individuo e natura».
RICCARDO DONNA: «Quando Luca (si riferisce a Barbareschi, nda) mi ha chiamato per dirigere questo progetto avevo intuito che non sarebbe stato facile, poi dopo aver letto la sceneggiatura l’ho pensato ancora di più. Noi nel cinema temiamo varie cose: le barche, i bambini e gli animali, io aggiungere la neve, perché è assolutamente incontrollabile. Abbiamo fatto dei sopralluoghi in cui la neve c’era e poi, al momento di girare, non c’era più. Di conseguenza abbiamo preso delle decisioni molto drastiche e rapide nell’arco di 48h e abbiamo cambiato tutto. Siamo andati a girare dove c’era la neve e un po’ dove non c’era facendo finta che c’era. Questo però riguarda ciò che c’è dietro; ciò che conta è il risultato e la fiction è piena di neve, quindi vuol dire che ci siamo riusciti. Abbiamo avuto tutti molta forza e pazienza perché lavorare al freddo non è facile, ma gli attori mi sono venuti dietro come una vera famiglia. Al cinema, un film come “Black Out” in Italia non sarebbe neppure preso in considerazione, mentre la televisione ti permette di realizzare anche prodotti di questo tipo».
VALERIO D’ANNUNZIO (headwriter): «“Black Out” punta sulla creazione di un intreccio di elementi di mistero e tensione, spingendo moltissimo sulle relazioni, sui caratteri, sui sentimenti e sul calore. È un racconto multistrand che ha come faro e guida i sentimenti e le relazioni. Non è stato semplice trovare il giusto bilanciamento per cercare il più possibile di rimanere rivolti a un pubblico generalista e inserire, contemporaneamente, anche elementi di genere. Inoltre vorrei ricordare Michelangelo La Neve, che è colui che ha creato la prima scintilla di questo racconto, ma che oggi non c’è perché non è più tra noi. Spero che questo racconto sia anche una dedica a lui».
ALESSANDRO PREZIOSI: «Si è trattata di un’avventura nell’avventura, una delle pochissime occasioni lavorative in cui ho avuto modo di condividere le varie fasi di scrittura e definizione dei vari passaggi tra puntata e puntata – o forse mi è stata data l’illusione di questo [sorride]. È stato bellissimo entrare dentro questa grande famiglia che Luca Barbareschi ha la capacità di creare intorno al front man, che è l’attore, che poi finalizza il lavoro fatto da tantissime persone. Noi interpreti abbiamo condiviso grande intimità sia a livello professionale che personale ed è stata un esperienza che sono curioso di vedere. So com’è andata a finire a livello di plot; ma è stato interessante vedere come la natura ti offre sempre una seconda possibilità – la natura intesa come vita, come circostanze, una malattia, una calamità, una disavventura, un lutto. La natura mette tutte insieme queste incognite ed è stata personalmente una delle esperienze più difficili e costruttive perché non mi è mai capitato di stare tredici mesi lontano da un mondo ‘normale’ in quanto dove eravamo noi non c’era niente».
AURORA RUFFINO: «Lidia, il mio personaggio, dopo la valanga, rimane l’unica figura che rappresenta le forze dell’ordine poiché il maresciallo viene a mancare dopo questa catastrofe. È un personaggio complesso che ho apprezzato subito, non appena letta la sceneggiatura, in quanto vive una trasformazione totale. All’inizio è una ragazza ingenua che non ha mai avuto a che fare con omicidi ed è anche inconsapevole di chi sia. Si è trovata a fare questo lavoro non perchè lo volesse, ma per compiacere le persone care. Il giorno della valanga vive diversi shock: perde l’uomo che ama, rimane da sola e si trova in una situazione complicata perché tutte le persone fanno riferimento a lei. Vive quindi una crisi personale, si sente il nulla, tocca il fondo e poi riesce a risalire. Mi sono lasciata totalmente trasportare da Riccardo e mi sono affidata a lui».
MARCO ROSSETTI: «Marco è un padre di famiglia, ex marito di Claudia (Rike Schmid), ora fidanzato con Irene (Caterina Shulha), e, in un momento in cui tutti pensano a se stessi, lui dedica tempo invece all’amore per sua figlia. Mi fa piacere condividere un aneddoto divertente: un giorno non c’era neve e ci hanno comunicato il pick-up alle 4:30 del mattino per andare dall’altra parte della valle a 3000 metri. Arriviamo in questo posto suggestivo, ci infilano le ciaspole, mi danno la radio per coordinare la distanza tra regia e cast e a un certo punto Maurizio Fanin sparisce nella neve tanto che si vedeva solo il suo braccio. Faccio presente la cosa a Riccardo Donna e lui mi risponde: “dobbiamo girare, azione, lo levo in post” (sorride, nda). Scoprirete quanto siamo stati bravi con gli effetti speciali».
RIKE SCHMID: «Claudia è un medico tedesco, vive in Italia da molto tempo. Aiutare gli altri è il centro della sua vita, che è stata stravolta quando è entrata a far parte di un programma di protezione testimoni. Ora vive in solitudine con sua figlia (interpretata da JuJu Di Domenico) in un paese isolato a Vanoi. È una donna molto forte, diligente, ma la cosa che per me rende il personaggio interessante è il suo lato fragile in quanto ha vissuto un grande trauma: ha visto un omicidio di mafia, ha perso la sua vita normale e porta dentro di sé un grande dolore e diventa dipendente dai tranquillanti. Quando succede la catastrofe della valanga deve trovare un modo di connettersi con il suo interiore, un po’ come tutti i nostri personaggi ed è interessante che in questa situazione estrema esca il lato oscuro di ognuno di loro. Le nostre maschere cadono a poco a poco e in questa situazione estrema è un aspetto molto interessante. Per me è stato un grande dono fare questa strada con Claudia».
CATERINA SHULHA: «Il regista ha creato una grandissima squadra di attori e attrici e ci ha fatto dimenticare le difficoltà. Sono tutti ruoli complessi e ambigui, compreso il mio».
Black Out – Vite sospese: le puntate
La serie tv in quattro serate, in prima visione su Rai 1, è prevista lunedì e martedì 23 e 24 gennaio 2023, mentre la terza puntata è prevista il 30 gennaio e l’ultima il 6 febbraio.
Ph Cover dal Photocall “Black Out” – courtesy of AGI per Ufficio Stampa Rai