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Caroline Baglioni: «Per noi il risultato più bello del Ginesio Fest è stato il rapporto coi giovani attori della Scuola dello Stabile di Torino»

Caroline Baglioni: «Per noi il risultato più bello del Ginesio Fest è stato il rapporto coi giovani attori della Scuola dello Stabile di Torino»

Tempo di lettura: 8 minuti

 

CAROLINE BAGLIONI si è avvicinata al teatro sin da piccola come attrice. Durante il periodo dell’occupazione del Teatro Valle di Roma inizia un percorso di drammaturgia con Antonio Latella. Alla III edizione del Ginesio Fest è stata chiamata, insieme a Michelangelo Bellani con cui lavora, per tenere un laboratorio di drammaturgia contemporanea ai giovani allievi della Scuola del Teatro Stabile di Torino. Ascoltando entrambe le parti, sembra proprio che reciprocamente abbiano lasciato il segno l’uno sull’altro. Abbiamo avuto modo di assistere a un momento laboratoriale ed è stato stimolante constatare come, dopo poco tempo, fossero già in sintonia, come si ragionasse sul testo – con un continuo rilancio di domande – o sulla scena appena letta ad alta voce. La sua testimonianza svela il ‘metodo’ utilizzato e non solo.

Caroline Baglioni: intervista sull’esperienza al Ginesio Fest


D: Ho avuto modo di raccogliere le testimonianze dei giovani attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino ed erano molto grati per il laboratorio svolto con te e Michelangelo. Mi piacerebbe sapere dal vostro punto di vista (parla anche a nome di Bellani) che tipo di situazione iniziale avete trovato e come definireste il tipo di percorso?

«Inizialmente non sapevamo bene cosa aspettarci perché non li conoscevamo, avevamo avuto solo qualche piccolo indizio da Leonardo, il quale ci aveva detto che i ragazzi erano molto ricettivi, bravi e curiosi. Ci ha dato cartabianca sul da farsi, eravamo consapevoli che non avevano mai fatto un laboratorio di drammaturgia, però c’era qualcuno che spontaneamente si era avvicinato alla scrittura durante la scuola perciò abbiamo cominciato come siamo soliti fare: gli abbiamo chiesto di scegliere un tema legato alla cronaca e di portarlo per raccontarlo a tutti quanti i partecipanti. Siamo partiti torna da cosa sia una didascalia e come iniziare un testo – già sapevamo che in tot giorni non avremmo potuto andare troppo in là con il lavoro, però già poter dare un punto di partenza che corrisponde alla proposta che tu dai a chi sta leggendo e al regista, quale mondo creerai. Riconosco che i ragazzi hanno subito preso con entusiasmo questo lavoro, che noi portiamo avanti come un giallo: la scrittura per noi è una composizione di indizi che porta a creare una storia dove noi seminiamo delle cose. Qualcuno di loro addirittura ha scritto il testo intero… giorno e notte, appena avevano tempo, si ‘buttavano’ a scrivere. Noi il primo giorno avevamo domandato di scrivere la didascalia iniziale, per il giorno successivo una scena – a scelta loro – e poi il finale. Alcuni di loro ci hanno detto di aver scoperto una passione e delle cose di se stessi, come spesso accade, andando in profondità.
Il risultato più bello per noi del Ginesio Fest è stato il rapporto con loro. Cerchiamo sempre di trasmettere questa passione ai giovani che iniziano a cimentarsi con la scrittura perché ci teniamo e abbiamo visto, nei loro sguardi, il nascere di questa passione».

Caroline Baglioni Ginesio Fest 2022
con i giovani attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino

D: Questo lavoro sulla scrittura, quanto effettivamente aiuta quello attoriale? 

«Tantissimo innanzitutto perché se sei attore e scrivi sai che le battute verranno dette e spesso si sente la differenza tra autori che scrivono e basta (magari sono bravissimi) e autori che mettono in scena ciò che hanno messo loro nero su bianco, le battute hanno un’altra fluidità. Per un attore, a mio avviso, è fondamentale approcciarsi proprio alla scrittura, leggere la drammaturgia contemporanea – e non. Da ciò che ci ha raccontato Leonardo stanno facendo tantissima lettura di testi per cui erano già molto svegli in tal senso, con una capacità di lettura – chi più chi meno – che andava dietro le parole  è raro alla loro età avere già questa attitudine, di solito ci si concentra su quello che c’è davanti».

D: Mi è sorto spontaneo domandartelo perché credo che bisognerebbe sfatare il mito che tutti possano essere attori-autori, tenendo conto della direzione che sta emergendo…

«La scrittura è una di quelle cose che ti butta indietro nel senso che se non ti appartiene non ce la fai a scrivere. Puoi esercitare, ma da subito capisci se sei portato o meno anche solo cominciando a capire se si hanno delle idee su cui lavorare. Adesso va molto di moda definirsi drammaturghi, autori; per fortuna c’è un ritorno di attenzione alla drammaturgia contemporanea anche se chiaramente auspicheremmo di avercene sempre di più nei nostri teatri stabili. Esiste ancora molta paura nel proporla, qualcuno forse si è dimenticato che i classici, a loro volta, sono stati contemporanei, quindi scrivere del proprio tempo è la cosa più naturale del mondo – certo dipende dalla qualità delle cose che uno fa. Per costruire un pubblico di un certo tipo, per i giovani è necessaria anche la drammaturgia contemporanea; ad esempio, la lettura dei miei testi con i ragazzi della Scuola dello Stabile di Torino ha aperto tantissime discussioni rispetto proprio al contemporaneo – “Animali domestici” sul fatto di Luca Traini (il 3 febbraio 2018 a Macerata, il ventottenne esplose alcuni colpi di pistola nel centro cittadino dalla sua vettura in movimento, ferendo diverse persone e colpendo anche negozi ed edifici. La sparatoria fu indirizzata appositamente verso degli immigrati) gli ha scoperchiato un mondo, avvicinandoli a delle tematiche, probabilmente, più stimolanti per la loro età».

D: Qual è stata la loro reazione in merito ai testi da te scritti su cui avete lavorato, alcuni dei quali parlavano del movimento #MeToo o su dj Fabio? Non era semplice andare a toccare questi temi che sono ancora tabù anche sul piano della comunicazione

«Purtroppo è così. In merito a quello sul #MeToo, “Play” (scelto quest’anno da Radio Rai3 per parlare di violenza sulle donne, dove abbiamo fatto una lettura io e Christian La Rosa insieme ad Amleta), prende spunto da alcune cose realmente accadute, altre autobiografiche e altre ancora completamente inventate e le ragazze del laboratorio, che sono giovanissime, mi hanno detto tutte: io queste cose le ho già vissute tutte. La loro riflessione è stata: che bello che questa protagonista abbia la forza di reagire perché io, ad esempio, sono rimasta zitta a un provino in cui improvvisamente mi chiedevano delle cose fuori luogo, le ho dette, ma poi mi sono sentita una ‘cretina’. Questo specchio con la vita reale a me serve sempre come spunto per parlare di aspetti che possono essere universali. Il contemporaneo, per me, è questo specchio che noi riusciamo a proiettare verso le persone e farcele vedere dentro e in questa maniera crei anche l’empatia riguardo a ciò che si sta raccontando. I giovani hanno bisogno di essere abbracciati e quindi di sentirsi protagonisti attraverso il racconto di storie che li rappresenta».

Caroline Baglioni Ginesio Fest 2022
un gruppo dei giovani attori lavorano sul testo con Michelangelo Bellani

D: Ascoltando le tue riflessioni e ripensando alle parole del direttore artistico, forse l’alfabeto non è da ricostruire solo con lo spettatore, ma anche con le generazioni più giovani degli attori?

«Sì con loro e non solo. Chi fa questo mestiere ha sicuramente uno sguardo di un certo tipo rispetto a determinati aspetti. Direi con le nuove generazioni in generale perché pensando a questo lavoro su Traini o sull’eutanasia, è fondamentale che un testo ponga delle grandi domande, non deve dare risposta a nessuno, ognuno avrà la propria opinione sulle cose, non ci si auspica di riuscire a cambiare il mondo. Certamente di portare una luce rispetto a determinate tematiche importanti nella storia che ci riguarda e quindi aprire una discussione o anche solo un punto di domanda e i giovani ne hanno bisogno. Spesso si dice di loro che non sono curiosi o che si sono rimbambiti davanti al cellulare, sicuramente la tecnologia ha tolto qualcosa, ma gli ha anche dato un modo di ragionare diverso, sorprendente in alcuni casi – lo abbiamo constato in tanti laboratori che teniamo lungo tutta la Penisola».

D: Esistono tanti festival teatrali, San Ginesio sta cercando una propria identità e, come sappiamo,  desidera diventare il borgo degli attori. Voi come lo avete vissuto?

«Anche noi abbiamo girato tanti festival e questo è stato veramente particolare: non voglio risultare ripetitiva, ma, a mio parere, questo progetto con i ragazzi dello Stabile di Torino è stato il segno più importante di tutti. A cui aggiungerei la programmazione, scelta non nel mainstream a tutti i costi, ma anche per far vedere loro come si può creare un percorso artistico di un certo tipo, autoriale – questo è fondamentale per la loro età, trovare la loro strada, la loro voce che sia nella scrittura, nella regia o nell’interpretazione.
Ritengo che il programma – ambizioso – abbia aperto e seminato diverse cose che in una prospettiva futura possano far crescere veramente il festival. Riconosco che si è creato un bacino di persone che erano lì e ci tenevano a quello che stavano facendo, quindi la serata rimandata di Matthias (recuperata il 24/08, nda) è stata un’occasione per stare insieme in modo diverso e si è verificato uno scambio artistico. È un po’ questo il senso del teatro: c’è quando arriva. Quella sera, in cui è stato tutto un po’ improvvisato, paradossalmente è stato autentico, si è creata una cosa unica: improvvisamente tutto un gruppo di gente ha lavorato insieme per un obiettivo comune, che è un po’ il senso della compagnia».

Caroline Baglioni Ginesio Fest 2022
da sx Christian La Rosa, Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani

D: Che si sta un po’ perdendo…

«Con Michelangelo abbiamo festeggiato quest’anno i dieci anni di lavoro insieme. Scuramente la compagnia è un punto di forza se si vuole lavorare in un certo modo, poi ognuno ha i propri gusti e  le sue ambizioni. Se vuoi creare e perseguire un tuo percorso personale la compagnia è necessaria perché da soli non si va da nessuna parte; è difficile trovare persone che abbiano qualcosa di profondamente legato a te, è raro. Io non ho fatto un’accademia, ho frequentato una scuola di tre anni legata allo Stabile dell’Umbria, usciti da lì eravamo un gruppo e, infatti, con alcuni di questi ragazzi abbiamo iniziato a fare teatro, avevamo diciotto anni. Spesso quando si esce dalle Accademie e dai Teatri Stabili, a volte, ci si perde perché si spinge anche molto verso il singolo e c’è anche quest’attenzione al dover sgomitare, a essere più forte degli altri perché è vero che è un mondo difficile, però, secondo me, la cosa intelligente che sta facendo Leonardo è creare un gruppo di persone che fuori da lì potrebbe iniziare anche autonomamente a fare cose perché sono registi, attori, drammaturghi».

D: Sembravano, infatti, molto affiatati e che uno compensasse l’altro. Non è semplice…

«La scuola crea il gruppo: sei giovane, arrivi, non sai che fare e vuoi ‘spaccare il mondo’; è vero che il legame non è semplice da instaurare proprio perché, in alcuni posti, c’è questa tendenza al sovrastare gli altri nel senso che chi è più bravo va avanti. In questi ragazzi ho visto proprio un rispetto verso il lavoro altrui – il che è commovente – e una cura nell’entrare nelle cose altrui. Non pensavano solo al proprio testo, ma, ad esempio, aiutavano il compagno o la compagna a trovare le soluzioni per andare avanti».

Caroline Baglioni
dalla serata del 19 agosto 2022

D: Caroline, mi fa piacere concludere chiedendoti dove ti vedremo prossimamente

«Il mio nuovo lavoro ha un’anteprima il 22 settembre a ‘Contemponea Festival’ a Prato, s’intitola “Confessioni di sei personaggi” ispirato a “Sei personaggi in cerca d’autore e sono appunto questi personaggi pirandelliani che raccontano la vicenda ognuno dal proprio punto di vista. Il debutto vero e proprio è previsto a ‘Primavera dei teatri’ il 1° ottobre».

 

Ph Ester Rieti

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