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Artisticamente Magazine

Caterina Shulha attivista a teatro con “Insultati. Bielorussia”

Caterina Shulha attivista a teatro con “Insultati. Bielorussia”

Tempo di lettura: 6 minuti

 

CATERINA SHULHA non ha mai dimenticato le sue radici (non è scontato) e, al contempo, è ben inserita nel settore che frequenta, quello culturale e dello spettacolo, senza nascondere il suo amore l’Italia. In molti l’hanno conosciuta e apprezzata grazie a lavori per piccolo e grande schermo come “Black-out – Vite sospese” o Sara nella serie “Tutta colpa di Freud” e ancora protagonista in “The Land of Dreams”. Questa volta ha scelto di cercare il contatto dal vivo per un testo che le è a cuore, “Insultati. Bielorussia.

D: Caterina, per ora si tratta di un’unica data al Teatro Golden di Roma (28 ottobre h 19:30)…

«Abbiamo organizzato una sorta di evento, mi piace chiamarlo evento di sensibilizzazione sulla tematica della politica extra, ovvero sulla situazione politica bielorussa. Richiama ciò che accadeva nell’omonimo documentario, cioè una lettura interpretata da sette attori con sette leggii. Da quando abbiamo iniziato le prove, standoci sul palco è diversa l’emozione, quindi anche le vibrazioni che arrivano dal testo sono diverse. Il documentario è un video che tu vedi; sentire quel testo dal vivo in teatro, già adesso, durante le prove, confesso che tocca determinate corde e sarà un’emozione differente condividerlo col pubblico. Anche se è una lettura interpretata, quindi non c’è una messa in scena vera e propria, penso che sia un testo talmente forte che, in questo caso, basta questo».

D: Come ha scelto questo gruppo rispetto agli attori amici con cui ha realizzato il documentario?

«Sono tutti attori giovani, non sono dei grandi nomi com’era nel documentario (Luca Argentero, Carla Signoris, Stefano Fresi, Ambra Angiolini, Giacomo Ferrara e Ivano De Matteo presentato in anteprima al Trieste Film Festival, nda), però sono tutti bravi, ci mettono l’anima. Ho cercato di sceglierli non in base alla somiglianza fisica, ma puntando sul carattere. Alcuni di loro, va detto, sono molto lontani psicologicamente e caratterialmente parlando dal personaggio che interpretano e ho voluto proprio lanciare questa sfida».

D: Che tipo di reazione hanno avuto leggendo quello che viene trattato?

«Si sono emozionati e hanno espresso una grande voglia di aderire al progetto. Oltre a fare la regia e guidare questa squadra di sei attori, io sono la settima per cui non è neanche facile controllare dall’esterno l’armonia e farne parte».

D: Da regista, su quali punti sta mettendo l’accento?

«Sono tutti personaggi molto simili perché vivono in una Paese sotto dittatura; però si evolvono in maniera diversa. Avremo dei personaggi che all’inizio saranno molto odiati, ma verso il finale sicuramente saranno compatiti e spero che lo spettatore si dispiaccia per loro. Altri rimangono nella gabbia della dittatura. Sono ispirati a persone realmente esistite. Un ruolo, quello del morto, prende spunto dalla prima vittima uccisa durante le manifestazioni con delle pallottole sulle gambe e poi è stata fatta sparire (era un ragazzo)».

D: Come mai ha avvertito l’esigenza di rappresentarlo proprio adesso?

«Oggi come quattro anni fa quando ho realizzato il documentario. La storia ci sta insegnando che la situazione politica sta peggiorando, anche in Russia, in Ucraina. Nello spettacolo c’è una frase che dice il cenerino: già che ci siamo se invadessimo anche l’Ucraina, immaginare che questa è una frase messa in un testo teatrale quattro anni fa e sappiamo che due anni dopo Putin ha invaso l’Ucraina, quindi è davvero incredibile».

D: Quindi non ci sono state, tra virgolette, licenze da autrice nel modificare qualcosa?

«No, assolutamente e fa veramente impressione che venga detto: “oltre a percitare questi manifestanti da noi in Bielorussia, invadiamo anche l’Ucraina”… è incredibile perché questo testo è stato scritto da Andrei Kureichik nel 2020 e nel febbraio 2022 Putin invadeva l’Ucraina».

D: Fa venire la pelle d’oca effettivamente, ripensando anche a un momento del doc in cui si dice di aver sopportato la dittatura per 26 anni, senza cercare – forse per paura – un’alternativa

«La Bielorussia fino a quattro anni fa è stata in mano agli anziani, che sono più facilmente persuasi dalla propaganda, i giovani se ne andavano all’estero e costruivano un futuro altrove. Nel 2020 i giovani hanno deciso di voler rimanere a casa propria e costruire un loro futuro lì – reazione che Lukašenko non si aspettava. L’elettorato anziano non aveva mai viaggiato, quindi non aveva conosciuto altre realtà e anche per queste ragioni era maggiormente convincibile».

Caterina Shulha
Ph Emanuele Menduni

D: Con questo atto dimostra di voler fare la sua parte attraverso l’arte

«Sicuramente non è qualcosa che mi ‘conviene’. Sentiamo ogni giorno storie, anche in Italia, sul tener d’occhio. Anche se vivo qui, non sono tranquilla, per esempio ci sono dei paesi dove non posso viaggiare perché io per la Bielorussia ho ancora il passaporto bielorusso.
Sono una cittadina italiana, sono fortunata, vivo ancora in un Paese dove c’è la libertà di stampa e di parola, quindi mi sembra il minimo fare ciò che posso e, sono sincera, mi vergognerei se non lo facessi. Qui mi sento veramente a casa, è come se fossi nata in Italia, però c’è una parte forte bielorussa, quindi mi vergognerei se non esprimessi il mio dissenso contro la dittatura».

D: Rispetto al suo personaggio c’è qualcosa in particolare che l’ha colpita?

«Nel documentario interpretavo la Positiva, per la trasposizione ho scelto una mia amica attrice che dai tratti fisici sembra una ragazza bielorussa e mi faceva piacere regalarle questa parte. Io do voce a Svjatlana Cichanoŭskaja ed è molto emozionante perché Svjatlana l’ho conosciuta di persona: mi ci ritrovo molto, è una mamma anche lei, una mamma che era devota alla famiglia e poi ha dovuto completamente cambiare».

D: Entra in campo anche la responsabilità umana

«Oltre al voler far conoscere la storia e la situazione bielorussi, bisogna trasmettere ai figli il senso della giustizia e che bisogna combattere per la propria libertà. Da piccolini inizia il rispetto verso l’altro, se a un bambino non va di fare una cosa non lo si deve tirare per le braccia».

D: Pensa di continuare con la regia?

«Non ho mai avuto l’ambizione di fare la regista, anche perché penso di avere ancora tanto da imparare sul mestiere di attrice; quando, però, mi è arrivato il testo in italiano, essendo io bielorussa e sapendo che non era mai stato affrontato da noi, mentre era stato rappresentato in altri 25 Paesi, mi è risultata la cosa più giusta da fare. Non conosco altri artisti bielorussi che vivono in Italia, l’ho vissuto come un segno. Mi piacerebbe portarlo nelle altre città, anche quelle più importanti come Milano, Bologna, Napoli, soprattutto per raccontare alla gente quello che è la Bielorussia, in tantissimi non sanno nulla di questo Stato».

D: Prima ha detto che siamo in un Paese libero ed effettivamente è così, soprattutto in confronto ad altri, anche se a volte ha le sue contraddizioni, soprattutto se pensiamo alla libertà di stampa. Spesso alcuni lavori teatrali e cinematografici aprono finestre su realtà di cui non sappiamo…

«Sono sicura che anche tra chi verrà a teatro, c’è chi non sa dove si trovi la Bielorussia, però le persone sono curiose e vengono e mi auguro scopriranno tante cose che non sapevano prima. Adesso siamo bombardati giustamente dalle informazioni su Israele e Palestina, siamo sensibilizzati, siamo preoccupati, però rimaniamo sempre guardando il nostro orticello, come se fosse qualcosa che non ci riguarda. Come dicevo prima, la storia ci insegna che è veramente un attimo, questo autore ha anticipato di due anni l’invasione dell’Ucraina. Ora non c’è ancora questo senso di unità e che la responsabilità sia di tutti rispetto a ciò che sta succedendo nel mondo. Nel mio piccolo, per quel che riguarda la Bielorussia, cerco di informare le persone, poi uno può decidere di chiudere gli occhi, però penso che in quell’ora in cui siamo sul palco arrivano delle sensazioni molto forti. Se su 300 posti almeno 50 persone usciranno con un pensiero diverso e cambiato, sono già felice e molto soddisfatta…».

D: Grazie anche alla sua notorietà può riuscire a intercettare varie fasce di pubblico

«Con Progetto Sud ETS ed E.BI.TEMP, che ci finanziano per questa serata, siamo riusciti a organizzare dibattiti nei due licei più importanti a Roma, il Visconti e il Tasso, con le quarte e le quinte classi. Ne sono entusiasta, ma sarà anche molto difficile andare ad affrontare di un argomento del genere, anche perché sappiamo come sia sempre più difficile attrarre l’attenzione dei giovani, però almeno ci si prova».

Insultati. Bielorussia

La rappresentazione teatrale è promossa dal progetto “La Voce della Speranza” coordinato da Progetto Sud ETS e finanziato da E.BI.TEMP (Ente Bilaterale Nazionale per il Lavoro Temporaneo). Oltre a Caterina Shulha, sul palco Maria Anolfo, Lorenzo Cervasio, Massimiliano Frateschi, Jessica Piccolo Valerani, Gaetano Solfrizzi, Fabrizio Travesa

Ph cover Gianmarco Chieregato

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