Close

Artisticamente Magazine

“Fernanda”: Matilde Gioli dà luce, voce e corpo a una donna che ha fatto la Storia. Regia di Maurizio Zaccaro

“Fernanda”: Matilde Gioli dà luce, voce e corpo a una donna che ha fatto la Storia. Regia di Maurizio Zaccaro

Tempo di lettura: 10 minuti

 

FERNANDA”, con Matilde Gioli e diretto da Maurizio Zaccaro, è uno di quei film che ci si augura intercettino una larga fascia di pubblico, di tutte le età (dopo la messa in onda, in prima assoluta, su Rai1 il 31 gennaio, è disponibile su RaiPlay). Non solo perché pone al centro un’eroina della nostra Storia, Fernanda Wittgens, ma ci ricorda il valore dell’Arte e di ciò che significa essere esseri umani (perdonate il gioco di parole).

Fernanda: le note di regia


Esistono fra le pieghe della nostra storia eventi nascosti che per il loro straordinario impatto umano muovono ancora grandi emozioni. Appunto per questo
il primo fra i motivi che deve rendere credibile non solo l’interpretazione della nostra protagonista ma anche quella di tutti i personaggi che man mano interagiscono con lei non è solo la ricchezza di informazioni e aneddoti, ma soprattutto l’autenticità della messa in scena sostenuta anche da pregevoli immagini di repertorio per raccontare la nostra memoria altrimenti stinta dal tempo, sfocata. Fernanda assume così un significato universale, svelando il disegno a cui la protagonista è stata predestinata: salvare non solo gli inestimabili tesori d’arte custoditi nella Pinacoteca di Brera di Milano ma anche la vita di tanti ebrei, perseguitati dai fascisti e dai nazisti dopo le famigerate leggi razziali del 1938.

Fernanda Gioli

Fernanda: conferenza stampa


MARIA PIA AMMIRATI
, direttrice di Rai Fiction: «Fernanda, interpretata magistralmente da Matilde, è veramente il nostro simbolo della Rai 2023 per ricordare il giorno della memoria. Credo che la memoria ci conduca nel bene, ci conduca nel buono che è in noi. In Fernanda risiedeva tanta bontà, una vera eroina d’altri tempi, una straordinaria donna che ha pensato non solo di salvare l’arte ma di salvare un mondo che era nella catastrofe pura. Un mondo che era finito nel buio e che noi dobbiamo ricordare sempre affinché non si torni in quel buio. Fernanda ci fa riflettere su come l’umanità debba pensare sempre che l’uomo è uguale in tutte le situazioni, l’uomo e la donna, ovviamente… Diciamo anzi prima la donna, come sapete, non ho mai nascosto l’importanza che per me le donne hanno e che hanno sempre avuto. Non a caso Fernanda è la prima donna di un catalogo di una collection che vedrà altre tre protagoniste femminili che sono Margherita Hack, Alda Merini, Tina Anselmi – fanno parte di questa collezione che Rai Fiction ha deciso di realizzare per ricordare le grandi figure femminili e far conoscere alle nuove generazioni cosa sono state alcune donne in situazioni di estremo disagio, come nel caso di Fernanda, non solo un’eroina perché ha salvato l’arte e gli ebrei dalla persecuzione nazifascista e quindi ha fatto qualcosa che non tutti avrebbero fatto in quel momento storico, ma è stata una donna straordinaria perché era una grande studiosa, lei è stata la prima direttrice della Pinacoteca di Brera. Parliamo di un mondo che per noi, donne contemporanee, è facile celebrare, quello di una sorta di parità, della capacità di stare a passo con gli uomini nelle carriere, ma non era così negli anni ’40 e 30.
Sono molto contenta del film e che Matilde abbia accettato la sfida, portando nell’interpretazione quello che le appartiene: freschezza, novità, gioventù. Bisogna anche essere freschi quando si ripropone la storia, che non è solo qualcosa di museale da guardare, ma anche da interpretare. Devo ringraziare anche il regista che ha fatto un lavoro straordinario, non facile, perché non è solo un biopic, ma si è tenuto conto del mondo che mutava, ci sono momenti difficili, i bombardamenti, la pinacoteca che va giù, il bombardamento di Milano… ecco dietro c’è la grande Storia».

MARIO ROSSINI, produttore Red Film: «Il progetto è nato insieme Maurizio Zaccaro, con cui ho avuto l’idea di fare una biografia su Fernanda Wittgens, questo tuffo nel passato nella storia d’Italia, ripercorrendo gli anni ’20, ’30 e ’40, raccontando la biografia di una sovrintendente giovane donna, che era nascosta e non conosciuta al pubblico e con tante sfaccettature e difficoltà della sua vita.

Silvia Lorenzo e Matilde Gioli

Lei, infatti, è andata in carcere e ha rischiato la deportazione. Era una donna super coraggiosa, superattiva, una donna che non si risparmiava mai. Quindi siamo andati avanti con questo progetto che la Rai ha supportato e poi sono contento che anche Matilde, a cui abbiamo proposto il ruolo, abbia accettato. Lei è un link coi giovani, che, secondo me, non conoscono questa storia ed è importante dare questo contributo alla memoria e d’impegno civile, come abbiamo fatto anche con Primo Levi in passato».

MAURIZIO ZACCARO: «Il lavoro compiuto è stato di avvicinamento notevole al personaggio di Fernanda, soprattutto di scrittura. È attraverso di essa che abbiamo elaborato la drammaturgia di tutto questo percorso che stavamo per intraprendere, sostenendo un po’ la Storia anche dal punto di vista delle situazioni che non conosciamo e che nessuno conosce, come l’intimità e i suo sentimenti. Sappiamo tutto di lei riguardo al suo lavoro alla Pinacoteca di Brera, sappiamo cosa è successo dopo, quando ha aiutato le famiglie ebree a varcare il confine con la Svizzera. Ciò che conosciamo è che suo padre, fin da bambina, la portava a vedere le opere d’arte a Brera. Questo è una sorta di trampolino di lancio molto bello, una sorta di premonizione: un padre che porta a vedere una bambina di otto anni a vedere il Cristo Morto di Mantegna e poi questa bambina, diventata donna, diventa sovrintendente di quel posto, mi sembra un po’ un gioco del destino. Per questo motivo in fase di scrittura abbiamo deciso di cominciare proprio dall’infanzia di Fernanda. Non proveniva da una famiglia benestante, erano sette fratelli, poi hanno avuto perdite importanti come la morte del padre e del fratello, situazioni che non potevano non essere raccontate a discapito poi di altre, a causa del tempo che avevamo a disposizione.
In fase di sceneggiatura abbiamo ricreato tutta la storia sostenendo i vari pesi. C’è l’arte nel film, poi sia io che Matilde siamo di Milano e unendoci in questa storia ci è sembrato di voler fare un omaggio alla città, a quello che era la milanesità di Fernanda. Ho insistito molto per girare a Brera e quindi ci siamo inventati un po’ quello che potevamo fare, è stato compiuto un notevole lavoro di effetti speciali: i muri di Brera oggi sono molto diversi da quelli di una volta, ora sono molto colorati per far risaltare i quadri, noi li abbiamo riportati grigi come erano all’epoca. Il lavoro è stato difficile ma siamo riusciti a riportare la Pinacoteca com’era una volta durante la guerra. Grazie al sostegno della Rai sono riuscito a inserire un frammento di una poesia di Quasimodo, ossia “Milano, agosto 1943”, che per me rappresenta una cosa molto particolare di quello che è successo in quel momento (agosto 1943 è stato proprio il momento in cui la Pinacoteca di Brera è stata distrutta e solo 8 sale si sono salvate, nda).
La storia si appoggia un po’ alla realtà e, in parte, alla finzione, con la creazione di personaggi, come Giovanni, che ci permettono di far stare la storia in piedi. Giovanni serviva per farci comprendere l’importanza dell’arte. Lei con Giovanni parla di arte, parla del valore della Predica di San Marco d’Egitto, trasferisce la sua conoscenza a un personaggio che non sa nulla di arte, che sta lì a pulire le cornici».

Fernanda Matilde Gioli

MATILDE GIOLI: «È stato impegnativo, anche perché si trattava  della prima volta in cui mi veniva chiesto di interpretare un personaggio realmente esistito e così importante, una protagonista assoluta. Ho sempre partecipato a progetti con ruoli bellissimi ma corali, dove la responsabilità del film la dividi; in questo caso l’ho sentita molto forte ma è stato bellissimo. Non vedo l’ora di rifare un esperienza del genere. Inizialmente mi ha tenuta impegnata come pensiero il dare vita, voce e corpo a un personaggio che è esistito. Fino a oggi ho sempre incarnato personaggi inventati da sceneggiatori; in occasioni come quella di “Fernanda” si avverte una responsabilità maggiore nel vestire i panni di una persona reale. Ho cominciato subito con un mio dialogo immaginario con Fernanda, a cui ho promesso di rimanere il più possibile ancorata alla realtà e di non offenderla in nessun modo, di rispettare ciò che lei è stata con gli strumenti che avevo. Sono state fondamentali le biografie su cui ci siamo basati come “L’Allodola” di Giovanna Ginex, un’appassionata studiosa di Fernanda che la conosce profondamente, presente anche sul set, per controllare che Fernanda fosse aderente a ciò che è stata Fernanda. Essenziale è stato anche il lavoro con Maurizio, che mi ha portato una serie d’informazioni sugli eventi realmente accaduti nella vita della donna, ma anche su chi fosse: come parlava, con che tono di voce, che espressioni faceva quando era felice o delusa, quanto alzava la voce quando era arrabbiata, come camminava, come si pettinava i capelli… C’è stato un lavoro incredibile dietro.
La mia gioia più grande, oggi, è quella di portare sugli schermi la storia di una donna che è stata un’eroina del Novecento perché è fondamentale portare queste storie di donne sulla televisione. È cresciuta negli anni ’20 e ’30, è nata con una grande passione per l’arte, ovviamente non viene incoraggiata dalla società in cui vive; ma lei, nonostante questo, ha proseguito con dedizione e con la fame di dover dimostrare, più di un uomo, le proprie competenze per riuscire a compiere questo percorso. Il tutto durante la guerra, ritrovandosi a difendere con il proprio corpo le opere perché lei fisicamente, durante i bombardamenti, si è recata al museo per staccare le opere o per proteggerle se non si potevano staccare.  È stata una persona gentile perché oltre a salvare le nostre opere d’arte e la cultura, non è potuta rimanere ferma a guardare ciò che si verificava a cauda delle leggi razziali. Avrebbe potuto non fare niente non essendo toccata in prima persona; invece decide di salvare delle famiglie di ebrei rischiando l’arresto, la vita, la reputazione lavorativa e mettendo in pericolo anche la vita dei suoi familiari. Devo dire che io, Matilde, in quel momento mi sarei fermata, perché se i miei cari sono a rischio, a quel punto divento egoista e non proseguo. Invece lei è andata avanti anche di fronte a questo pericolo, non si è fermata perché era più forte di lei ed ha fatto qualcosa di straordinario per tutti noi. È una donna che va raccontata il più possibile».

Fernanda Matilde Gioli
Eduardo Valdarnini con Matilde Gioli

EDUARDO VALDARNINI (interpreta Giovanni): «È un semplice operario che si ritrova a Milano, a lavorare alla Pinacoteca e che inizialmente non ha alcun interesse per l’arte, perchè non capisce ciò che ha davanti. Quando vede il coraggio di Fernanda inizia a comprendere il valore della bellezza. La mia parte è frutto della scrittura degli sceneggiatori (Dario Carraturo, Guglielmo Finazzer con la collaborazione di Maurizio Zaccaro, nda), ma è un archetipo della Resistenza. L’insegnamento più importante di Fernanda è che attraverso il coraggio si può arrivare alla bellezza».

Fernanda: le nostre domande


D a Maurizio Zaccaro: Rispetto alle parole che ha scritto nei confronti di Matilde Gioli (su Instagram, nda) nel “breve ritratto di un’icona di femminilità fatta dal suo regista” e il suo affermare che attraverso il suo freschissimo talento l’avesse sorpresa. Affermando anche che è la più avventurosa e libera delle attrici che ha incontrato negli ultimi tempi…

«Incontrare un’artista che si carica il film sulle spalle – il che vuol dire che è in scena dall’inizio alla fine, in ogni inquadratura – è una responsabilità enorme,  ma è una responsabilità grande anche per il regista scegliere a chi affidare questo tipo di ruolo. Mi sono fidato ciecamente dopo il primo incontro con Matilde, fiducia che è cresciuta mentre preparavamo il personaggio durante le prove costumi. Vedevo nel suo sguardo qualcosa di nuovo. E allora a Matilde più volte ho detto: “Lasciati andare, lasciati andare, lasciati guidare dai tuoi sentimenti, dall’istinto, lasciati guidare dalla forza del cuore”. Io non credo molto alla riviviscenza dei personaggi: penso che sia necessario dare all’attore lo spazio necessario per agire come meglio crede. In questo contesto, Matilde si è rivelata per quella che è, con un talento immenso, che, a mio parere, esploderà completamente nel futuro – vista la sua giovane età».

Fernanda Matilde Gioli
Matilde Gioli con il regista Maurizio Zaccaro

D a Eduardo Valdarnini: Pensando anche al discorso di Peppino Impastato sulla bellezza, quale tipo di viaggio ha compiuto grazie a questo rapporto tra il suo personaggio e quello di Fernanda? Cosa ha scoperto rispetto alla sua responsabilità come artista verso la bellezza, ancor più in questo momento storico-culturale?

«Il rapporto tra i due personaggi è quello di una scoperta che non so se Giovanni continuerà ad approfondire nel prosieguo della sua vita; sicuramente manterrà la memoria di un coraggio che lo ha portato a un altro significato della bellezza. Personalmente nella vita è stato importante perché ho avuto la possibilità di vivere alcune scene nella Pinacoteca di Brera – è stato meraviglioso. Il mio rapporto verso la bellezza in questo periodo storico è complicato… effettivamente forse bombardati come siamo dall’informazione e da un momento non florido,  sento molto sollievo nel rifugiarmi nella bellezza, nell’arte, nella cultura. Mi sta alleggerendo, forse, di un peso, che tutti sentiamo nei confronti del mondo – che ci trasmette quella sensazione di ansia – e che non possiamo combattere. Come diceva Maurizio: solo in questo modo possiamo agire per fare qualcosa».

Valeria Cavalli e Matilde Gioli

Viene spontaneo concludere con questa riflessione dalle note di regia di Zaccaro: «È proprio del suo esempio che l’umanità ha oggi un estremo bisogno. E lo facciamo con il pensiero rivolto ad un altro grande artista milanese, Giorgio Strehler, quando il giorno dopo la strage di Piazza Fontana disse agli attori del Piccolo Teatro: “Che cosa possiamo fare noi gente di teatro? Alla mortificazione di non poter opporre, in momenti simili, un qualsiasi gesto utile, di fronte alla dolorosa impotenza del teatro, o più ampiamente dell’arte, di fronte alla violenza e alla follia, l’artista può solo sforzarsi di continuare a fare bene il proprio lavoro”. Fernanda è quindi una storia che ha richiesto d’essere narrata con il dovuto rispetto, perché oltre alla vicenda personale di questa coraggiosa donna milanese, il film ora realizzato può diventare anche una splendida occasione per raccontare Arte e Bellezza come uniche armi possibili contro guerre insensate, orribili stragi e devastazioni. “L’arte è una della più alte forme di difesa dell’umano”, diceva Fernanda Wittgens».

 

Ph Cover dal Photocall: courtesy of AGI per Ufficio Stampa Rai. Da sn Matilde Gioli, Maurizio Zaccaro e Christoph Hülsen.

 

 

Close