FRANCO BRANCIAROLI ci parla con orgoglio de “Il Mercante di Venezia” nell’adattamento di Paolo Valerio, che ne cura anche la regia (Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Centro Teatrale Bresciano, Teatro de Gli Incamminati). Abbiamo avuto modo di apprezzarlo al Teatro Manzoni di Milano (in cartellone fino a domenica 19 maggio) in una messa in scena che valorizza il testo di questa tragedia perché riesce a comunicarlo nel miglior modo possibile, come se le battute fossero frecce che arrivano dritte al pubblico. Proprio da questa constatazione è cominciato il dialogo con un artista che calca i palcoscenici da decenni (tra i primi spettacoli “Peer Gynt” diretto da Aldo Trionfo, dove ha condiviso la scena con Franca Nuti, scomparsa il 12 maggio 2024), dalla voce inconfondibile e con la voglia di recitare sempre viva.
Franco Branciaroli e la chiave per il personaggio che incarna: Shylock
D: Lei dà corpo a Shylock, al quale appartiene uno dei monologhi più famosi della storia del teatro e non solo. Quelle parole sono risuonate come qualcosa di molto vivo…
«L’ispiratore di questa interpretazione è Harold Bloom, il più grande esperto di Shakespeare. In uno dei suoi libri, “Shakespeare – L’invenzione dell’uomo”, dove ci sono tutti i testi del Bardo coi suoi saggi annessi, sorprendentemente non c’è il saggio su “Il Mercante di Venezia”. Questo ci ha stupito. Valentina Violo (interpreta Porzia), che conosce molto bene l’americano, ha fatto delle ricerche e ha scoperto le lezioni americane de “Il Mercante di Venezia” dove Bloom sostiene che Shakespeare lo avesse ferito con questo testo chiaramente antisemita. Arriva a dire una frase molto forte: mentre Shakespeare in tutta la sua opera è un uomo dell’eternità, nel Mercante si è dimostrato soltanto un uomo del suo tempo. È come se volesse dire che abbia voluto dare in pasto al pubblico antisemita elisabettiano questo testo ‘orrendo’ dal punto di vista della sensibilità. Va evidenziato che Shylock non è un usuraio, ma un banchiere, ricordandoci che gli ebrei essendo spesso cacciati dalle terre e dalle città, non potevano portarsi i beni, per cui l’unica cosa che restava era il danaro perciò lavoravano su quello.

Questo aspetto che oggi prepondera è abbastanza secondario perché il vero scandalo è che Shakespeare faccia convertire un ebreo al cristianesimo e questo è intollerabile, sconvolgente tant’è che “L’ebreo di Malta” di Christopher Marlowe piuttosto si fa ammazzare. Si coglie molta ambiguità perché non si capisce se accetta di diventare cristiano per salvarsi la vita o anche perché gli restituiscono una parte di patrimonio».
D: In cos’altro è stato prezioso Bloom?
«Per l’attore fornisce un consiglio che in genere non è stato seguito. Shylock fa parte della categoria dei vilain (i cattivi, nda), tipo Riccardo III, piuttosto violenti. Il che è molto importante perché tutte le rappresentazioni che ho visto partono già come se lui fosse una vittima, presentato spesso un po’ curvo, col bastone. La prima battuta è di questo tenore: “Io quello lo odio perché cristiano” riferendosi ad Antonio. Siamo di fronte a un testo di guerra religiosa, ma oggi le platee laiche non lo avvertono. Bloom invita il pubblico affermando: se volete ‘mostruosamente’ gustarvi questo spettacolo, dovete sforzarvi di essere antisemiti, così riderete, vi divertirete crudelmente. Suggerisce questa caratteristica interpretativa: quel famoso monologo viene fatto con una lagna; invece il tono è (sarebbe da ascoltare la voce di Branciaroli, nda): signori e signori, ma cosa credete che sia diverso da voi? Sono uguale a voi, talmente uguale che siccome il mio scopo è vendicarmi, sono colpito dalle stesse malattie e voglio vendicarmi anche come fate voi. La chiave è la vendetta. Deve essere fatto con una certa durezza, non per invocare pietà, ma per denunciare un diritto identico, con molta protervia. La battuta conclusiva, non a caso, è: “Voi ci insegnate il male, io lo metterò in pratica e sarò più bravo dei maestri” – riferendosi ai cristiani».

D: È il momento in cui si svela totalmente ed è coerente fino alla fine con il proposito di vendetta
«Bloom ricorda come Shakespeare fosse di cultura cristiana. Se si pensa a ciò che dice Porzia vestita da avvocato invitando Shylock alla clemenza, lui le risponde: “Io scelgo la penale”. L’interpretazione vittimistica non funzionava, oltretutto si va contro il testo quando si opta per quella, le battute dell’ebreo dimostrano prepotenza, basta vedere come tratta la figlia».
Shakespeare tra genialità e difficoltà
D: Branciaroli, lei ha portato tante volte in scena Shakespeare, cosa ha imparato?
«Ho riscoperto ulteriormente l’ostacolo fondamentale per cui non è semplice affrontarlo: la lingua. Prendiamo come esempio il “Macbeth”, si dice che porti male, che non venga mai, perché se togli la lingua originaria, diventa un grand-guignol (le streghe, un assassinio dopo l’altro, i fantasmi che si vedono a pranzo e a cena, il morto che riappare). Se la rappresentazione non è sorretta da una lingua pazzesca, rischi di non vederci il male, ma di avere come reazione delle risate ed è il rischio che si corre con Shakespeare, soprattutto coi drammi c’è il pericolo di diventare ridicoli, compreso con “Amleto” perché sono personaggi e opere così grandi in una lingua che non è la loro. La retorica è dietro l’angolo, ancor più con una lingua come la nostra, ottima per la legge perché è scivolosa, nata per mentire.
L’inglese è una lingua secca, jazzistica, con poche parole. Come diceva Gramsci: “Ogni volta che vado a vedere Shakespeare non ho l’impressione di aver assistito alla rappresentazione di testi di un genio del teatro”.

Non è un nostro patrimonio, lo si fa, ma si rischia sempre di vedere qualcosa che non corrisponde davvero a lui. In generale William Shakespeare più che un grande drammaturgo, rimane un grandissimo poeta per cui se si toglie la lingua, si toglie quasi tutto. Gli va riconosciuta un’invenzione poetica gigantesca, se entri col tuo saio in scena, sei un omino in carne e ossa… Il Bardo è più grande di qualunque regista, non lo si può contenere.
Peter Stein disse: “Shakespeare cette une question des actors”. Se c’è l’attore coi mezzi giusti si può ritagliare qualcosa di grosso per ciò che fa lui o magari ha colto qualcosa anche solo per istinto e trasmette degli aspetti che sorprendono».
D: Si rapporterà nuovamente con un grande classico: proprio “Amleto” al Teatro Romano di Verona 4 e 5 luglio, in apertura dell’Estate Teatrale Veronese, il festival promosso dal Comune di Verona, nell’adattamento e regia di Davide Sacco. In scena Francesco Montanari, Francesco Acquaroli, Sara Bertelà e Gennaro Di Biase.
«In questa ideazione il Fantasma del Padre di Amleto – ruolo che spetta a me – il regista lo ha reso centrale, presente per tutta la durata dello spettacolo e pronuncia le parti che Amleto dice a se stesso».
“Il Mercante di Venezia”: trailer
Ph cover: Simone Di Luca
Riassumendo
“Il Mercante di Venezia” presso il Teatro Manzoni di Milano fino al 19 maggio 2024
DURATA: 150’ (compreso intervallo)
DATE E ORARI: da martedì a venerdì h 20:45; sabato 18 maggio h 15:30 e h 20:45; domenica h 15:30
PREZZI: prestige 36,50€; poltronissima 33€; poltrona 25€; poltronissima under26 16€