Ginesio Fest 2021: la giornata del 24 agosto
Questa penultima giornata ha dimostrato ancora una volta la capacità di programmazione messa in campo dalla direzione artistica e cioè l’idea di abbracciare più fronti della Cultura e dello Spettacolo, fornendo anche degli strumenti a chi ancora non li ha, com’è avvenuto con la Masterclass di U.N.I.T.A. – Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo rispetto agli studenti appena diplomatisi e non solo. La maggior parte della gente comune ignora come l’attore/l’attrice non sia tutelato/a quanto dovrebbe e meriterebbe; troppi hanno ancora un’idea di un mondo quasi composto di luccichii e paillettes.
Masterclass a cura dell’associazione U.N.I.T.A.
All’attore e autore MARCO BONINI tocca la ‘parte’ di raccontare come tutto sia nato: «L’esigenza fondamentale da cui siamo partiti è stata questa: ci siamo resi conto di come siamo percepiti e cioè che, facendo un lavoro che ci piace per cui ci divertiamo anche, possiamo non essere pagati; quasi passa che stanno facendo loro un favore a noi nel farci lavorare. Questa è la condizione esistenziale del nostro sfruttamento. In realtà noi facciamo una professione di utilità pubblica, con delle necessità e dei diritti sindacali, che, per tutta una serie di motivi anche storici sono stati calpestati. Era un’idea che circolava tra di noi da circa un anno e mezzo e che col lockdown si è materializzata: io e le tre moschettiere Giorgia Cardaci, Vittoria Puccini e Fabrizia Sacchi ci siamo uniti. Abbiamo messo a disposizione il nostro tempo e abbiamo dato la scintilla iniziale, coinvolgendo man mano e fino a diventare un’associazione di categoria riconosciuta, arrivando ad oggi a quasi 1300 iscritti».
Il bello di questa comunione di intenti, oltre che di amicizia, con FABRIZIA SACCHI si avverte per come si passano la palla e per come uno completi il pensiero dell’altro/a qualora si sia dimenticato/a un punto essenziale.
Questo incontro ha permesso agli uditori di scoprire tantissimi aspetti non solo storici (come l’esistenza del SAI – Società Attori Italiani costituito nel 1960 da Gino Cervi, Giancarlo Sbragia, Enrico Maria Salerno, Saturnino Manfredi, Arnoldo Foà e Marcello Mastroianni e che, purtroppo, non esiste più), ma anche dinamiche politiche e legislative che dal di fuori non si sanno.
Altro punto essenziale, ancor più in questo momento, è il protocollo sanitario; senza dimenticare quello più urgente di tutti: il contratto collettivo nazionale per cui l’associazione ha formulato la propria proposta. Come ha evidenziato la Sacchi: «noi volevamo essere ‘solo’ ascoltati, sederci ai tavoli di chi decide tramite un legale». Il che è logico: chi meglio di chi fa il lavoro può esprimere ciò che manca, in cosa non si sente tutelato?
L’apertura al confronto è palese – si sente che i due attori sono venuti non per promuovere l’associazione, piuttosto per farla conoscere e mettersi a servizio di dubbi e domande – perché in primis gli studenti diplomati non conoscono diversi elementi connessi anche al potere contrattuale e a come funzionino le varie piattaforme. Certo uno potrebbe pensare che questo sia un discorso per addetti ai lavori, invece no: tutti, compresi noi spettatori, dovremmo essere a conoscenza di battaglie espresse dagli artisti e, nello specifico, dagli attori. Non deve bastarci più andare ‘solo’ allo spettacolo perché – a nostro parere – dovremmo essere noi ad emozionarci e divertirci con loro, ma ancor più i primi a riconoscere quanto siano dei lavoratori di cui non potremmo fare a meno e questo anno e mezzo ce lo ha fatto sentire sulla nostra pelle.
La masterclass si conclude ricordando che certo ci si batte per ottenere diritti e tutele e, al contempo, non bisogna mai dimenticare i propri doveri.
Incontro con la parola: “L’arte dell’esperienza”
MARCO BONINI presenta in anteprima il suo libro (edizioni La Nave di Teseo), vincitore del Premio Inedito Colline di Torino 2020 per la sezione Saggistica e lo fa sotto forma di racconto spettacolarizzato – lo chiameremmo quel ‘teatro semplice’ che conquista subito – supportato dall’amica e interprete Fabrizia Sacchi.
«Questo libro» – si legge nel prologo «Si rivolge più genericamente a tutti gli essere umani interessati a fare due chiacchiere sul senso della vita. Non spera neanche lontanamente di dare risposte, si limita a offrire un punto di vista parziale e limitato, il mio. Questo libro può essere considerato una della battute di un ideale dialogo collettivo sull’esperienza umana. Serve solo a continuare il dialogo».
L’omaggio a Dante di Remo Girone
Il fatto che a recitare i versi della “Commedia” fosse un interprete così tanto amato dai ginesini e non solo ha superato anche la pigrizia che potrebbe sorgere di fronte al cattivo tempo, anche perché tutto lo staff, già dal giorno precedente, aveva preparato il piano b, ‘sfruttando’ ogni angolo di questo complesso. REMO GIRONE ha dato voce, tenendo alta l’attenzione, al XXVI Canto dell’Inferno in cui sono puniti i fraudolenti e molto trattato sin dal periodo della scuola dell’obbligo perché qui Dante incontra Ulisse.
«Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori, e disse: «Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ‘l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.
Io e ‘ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l’uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.
‘O frati’, dissi ‘che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza’». (vv. 85 – 120)
“Storie in carne ed ossa” – Sonia Bergamasco e Maria Grazia Calandrone dialogano sull’arte della parola
Quando l’amicizia è profondamente vera lo si avverte da uno sguardo
da come l’una si approccia all’altra – anche solo nella posizione – e da come la parola sia uno strumento per mettersi a nudo l’una di fronte all’altra e, ancor più in questa circostanza, davanti alla platea di turno. In tutto questo rientrano anche le pause, gli sguardi incrociati, la testa abbassata sui fogli così come la scelta, a tratti, di andare a ruota libera, senza contare la voglia di rivolgersi verso il pubblico, rilanciando delicatamente la palla ed esprimendo un desiderio di ascoltare e interagire. Questo e molto altro è passato dall’ ‘esperimento’ messo in campo dall’attrice (anche regista e poetessa) SONIA BERGAMASCO e dall’autrice (ne ha scritti e adattati alcuni per la stessa Bergamasco) MARIA GRAZIA CALANDRONE. Andando di pancia, è stato incredibile lasciarsi trasportare da questo flusso, come una sinfonia che ha i suoi alti e bassi intorno alle parole chiave, in cui ci si prende del tempo per rispondere di fronte a questioni forti… volutamente non vi sveliamo la storia di M. G. Calandrone in quanto ci auguriamo che possano riproporlo e voi assistervi; vi basti sapere che questa poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, artista visiva, insegnante, autrice e conduttrice Rai nella sua vita ha dovuto fare i conti con delle ferite, alcune delle quali determinanti.
Sin dall’inizio, complici anche le luci calde, sembra di essere con loro nel salotto di casa di una delle due, ma non vorremmo sentirci come qualcuno che ‘origlia’, ma parte di quella confidenza-viaggio. Entrambe, in maniera diversa, cercano di mettere a proprio agio noi, quasi a volerci tranquillizzare che non le stiamo ‘spiando’, ma facciamo parte di un cerchio ideale che potrebbe concludersi in un unico abbraccio. “Storie in carne ed ossa” sono momenti di vita vissuta, lacerazioni, elaborazioni di perdite, ma anche ricordi belli, in cui Maria Grazia c’è stata per Sonia e viceversa e dove ogni parola acquista senso perché all’interno di un rapporto in cui ci si stimola ad andare a fondo di se stessi. «Parliamo delle arti della scrittura e della pronuncia della scrittura come tecniche specifiche per conoscere il mondo e, se possibile, gli altri. Apriamo dunque la conversazione a chi, dal pubblico, vorrà aiutarci a comprendere» (dalle loro note a questa ‘proposta). È stato ‘magico’ viverlo perché ci hanno permesso di entrare in punta di piedi nelle loro esistenze, toccando le nostre e, forse, ancor più in questo periodo in cui la sensazione di solitudine è dilagante, così tanta franchezza – in primis tra loro due – ci ha fatto sentire quanto le parole siano importanti e come ciò a cui stavamo partecipando non fosse uno spettacolo.
Ginesio Fest 2021: il programma di mercoledì 25 agosto
h 10: Masterclass “La cultura rigenera San Ginesio” – presso l’Auditorium di Sant’Agostino
h 21: Cerimonia di consegna della seconda edizione del Premio San Ginesio “All’Arte dell’Attore” a cura di Giampiero Solari.
A seguire performance “Di sogni e di volo” a cura di ResExtensa
Ph cover di Michele Lonetti