Il Ginesio Fest 2022 ha avuto come parola chiave ‘ricostruzione’ sin dalla sua presentazione. Per farlo ci vogliono tanti elementi che gli stetti artisti ci hanno specificato (per citarne alcuni… dal direttore artistico a Lino Guanciale, senza dimenticare le generose chiacchierate informali col presidente di giuria Remo Girone e con un altro membro, il regista Giampiero Solari). Per ciò che abbiamo visto e vissuto è fondamentale e fondante il confronto tra generazioni ed è per questo che ci tenevamo a dare voce ai GIOVANI ATTORI DELLA SCUOLA DEL TEATRO STABILE DI TORINO.
Leonardo Lidi ha proposto loro di seguirlo anche in questa full immersion san ginesina, dove hanno avuto l’opportunità di incontrare diverse realtà artistiche, leggere accanto a Remo Girone ne “La crociata dei bambini”, seguire per tutto il periodo un laboratorio di drammaturgia tenuto da Caroline Baglioni e Michelangelo Bellani e, negli ultimi giorni, rapportarsi con un regista come Giampiero Solari. Quest’ultimo li ha invitati e guidati nell’ascoltare se stessi e gli altri, nel seguire l’intenzione, nel liberarsi con esercizi apparentemente elementari ma che, in due ore densissime, portavano a un punto ben preciso da cui ricominciare l’indomani. Ciò che è sempre emerso – e non è scontato – è stato l’affiatamento di questo gruppo.
Ginesio Fest 2022 i giovani attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino: le impressioni a caldo
«L’esperienza con Solari è stata molto interessante, siamo rimasti davvero colpiti da ciò che ci ha donato Giampiero, il quale è una ‘bomba atomica’ di energia, noi abbiamo cercato di raccoglierla e ridarla un po’ indietro.
Il lavoro con Caroline ha portato tutti quanti a scoprire delle parti di noi che, magari, non sapevamo di avere. La scrittura è qualcosa che va coltivata, talvolta ci si blocca di fronte al foglio bianco. Ciò che più ci ha stimolati è stato il partire dal nostro presente per arrivare a un linguaggio che può essere universale, per cui, secondo noi, cominciare da un fatto di cronaca per costruire qualcosa che faccia riflettere tutti, tramite il nostro modo di esporre i fatti, è stato interessantissimo. Siamo rimasti anche molto contenti e soddisfatti di poterci confrontare coi testi scritti da Caroline e col testo di un nostro compagno.
Ci siamo sentiti privilegiati e onorati di essere al Ginesio Fest perché è stato un momento di condivisione di quello che è il nostro mestiere e quello di tanti professionisti (che siano tecnici, attori, registi, drammaturghi). San Ginesio è stato un posto magico e tutti coloro che organizzano il Ginesio Fest ci hanno fatto sentire come una famiglia che ci ha ospitati».

I lavori dei giovani attori della Scuola del Teatro Stabile di Torino durante il laboratorio di drammaturgia
Il compito dato il primo giorno è stato quello di partire da un fatto di cronaca scelto da loro per lavorare nei giorni seguenti sull’incipit, una scena e la conclusione.
Scopriamo, dalle loro parole, quale vicenda realmente accaduta li ha stimolati per mettersi alla prova con la scrittura.
ALESSANDRO AMBROSI: «Ho scelto la storia di questo ragazzo di Lecce, di ventitré anni, neolaureato in Scienze Infermieristiche, il quale premedita l’omicidio, con accoltellamento (è avvenuto il 21 settembre di due anni fa), di una coppia di fidanzati, di cui lei è stata una sua coinquilina tempo prima. Tutto ciò perché invidioso della loro felicità. Il tema di avere una ragazza al proprio fianco era per lui sconosciuta perciò gli provocava sofferenza… vedere la felicità altrui, a suo parere, sarebbe stato irraggiungibile. Siamo all’interno di un mondo fatto di vetrine, dove anche ciò che ci viene proposto tramite i social viene visto come legge e, di conseguenza, come verità assoluta. La felicità diventa ciò che ti viene imposto dall’esterno, lui credeva che fosse quell’immagine, senza sapere cosa fosse davvero per lui. La cassazione gli ha dato in primo grado l’ergastolo».
ILARIA CAMPANI: «Il fatto che ho trattato riguarda una vicenda famigliare: una ragazza di diciotto anni, cugina di mia nonna, che nel 1956 si è uccisa gettandosi dal colle dove abitava, in provincia di Omegna, verso la Strona (l’affluente del Toce in Piemonte). La storia è un po’ controversa perché non si capisce come mai si sia voluta uccidere così giovane, pare che fosse per un amore impossibile con il prete del paese».
TERESA CASTELLO: «Ho deciso di trattare il caso di Gypsy Rose Blanchard e Dee Dee Blanchard. Una ragazza è reclusa dalla madre in casa, la quale scopre col tempo che la mamma soffre di sindrome di Münchhausen per procura. Per liberarsi di lei, deciderà di ucciderla con l’aiuto del proprio fidanzato».
ALICE FAZI: «Ho scritto un testo che ho intitolato “Blu, le mille bolle viola” tratto dal caso di Franca Viola, prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore nella Sicilia degli anni Sessanta. Mi è sorto spontaneo lavorarci perché è una riflessione su quella che è la libertà, la possibilità di scelta… quando la scelta ti è data e quando, invece, te la devi prendere. Il coraggio che ci vuole per assumere una decisione e che cosa questa possa comportare, quindi un cambiamento che porterà all’abrogazione nel 1981 della legge. È un testo che voleva affrontare una tematica che sembra passata, ma, analizzandola da un punto di vista più profondo, è molto attuale: quanto coraggio ci vuole per uscire da una determinata situazione e quanto una persona che dice di no di fronte a una specifica circostanza possa influenzare le decisioni altrui. Ho previsto tre protagoniste: una vedova, una sposa e una vergine (richiamando il mito della taranta). Sono tre donne perché sono i tre archetipi della donna da sempre».
MATTEO FEDERICI: «Ho lavorato sulla tragedia del Vajont».
IACOPO FERRO: «Embrioni Chimera. Nel 2021 sono stati creati in laboratorio degli embrioni di Macaco con innestate cellule staminali umani. Gli embrioni sono sopravvissuti diciannove giorni e un giorno, forse, potranno essere creati addirittura animali in grado di incubare organi umani utilizzando questo processo».
CHRISTIAN GALLIONE: «Ho trattato il caso Emanuela Orlandi, sparita nel 1983 in Città del Vaticano e, ancora oggi, non è stato ritrovato il corpo».
SARA GEDEONE: «Caso Tiziana Cantone, la quale il 13 settembre 2013 presumibilmente si uccide, impiccandosi, a causa della diffusione in rete di un video amatoriale – a contenuto sessuale – che aveva girato con il compagno. Questi lo aveva diffuso su tutte le piattaforme social. Da questo caso è nato ciò che oggi conosciamo come revenge porn».
FRANCESCO HALUPCA: «Notizia: 2004 i Pompieri Volontari di Trieste, nell’ambito dell’operazione ‘Bosco Pulito’, hanno smantellato la cosiddetta ‘macchina del tempo’ che si trovava nel bosco di Pian del Grisa. Era stata costruita intorno agli anni Ottanta da un famoso (quanto misterioso) senzatetto di Trieste, da tutti conosciuto come Jimmy l’americano, che sosteneva di saperla usare. Era un un uomo acculturato, probabilmente un aviatore, che aveva lasciato tutto per vivere in questo modo alternativo, facendo l’inventore. All’epoca attirò l’attenzione anche di membri della comunità scientifica e accademica, come Margherita Hack, con cui ebbe diversi colloqui di natura scientifica».
MARTINA MONTINI: «Bolzano, maggio 2019: Viene stuprata una ragazza di quindici anni sulla passeggiate del torrente Talvera in pieno giorno. La vittima accusa due persone di colore. Dopo un mese e mezzo di indagini, dichiarazioni razziste e sit-in, la ragazza confessa di aver inventato tutto e dichiara: “Volevo attirare l’attenzione del mio ragazzo”».
ANDREA TARTAGLIA: «Come argomento ho scelto il caso Noemi in cui era coinvolto Berlusconi».
NICOLÒ TOMASSINI: «Sono partito dalla recente vicenda della bambina di diciotto mesi, Diana, lasciata a Milano in appartamento, da sola per sei giorni dalla propria madre, la quale era andata a Bergamo a trovare il compagno. Al suo rientro la piccola era deceduta. L’ho scelto perché, dentro di me, ha fatto vibrare delle corde, l’abbandono di un figlio mi aveva portato a riflettere su tante situazioni. Ci sono delle notizie che non ti dimentichi facilmente. Mi sono messo sia dalla parte della madre che della bambina. Come abbiamo riflettuto per quanto riguarda la drammaturgia: non c’è mai una ragione o un torto come nella vita, ovviamente la madre ha compiuto un gesto crudele però credo che il male non nasca mai dal nulla. Per me è stata una sfida nel cercare di rimanere nella storia e far parlare quei ‘personaggi’: in questo Caroline e Michelangelo sono stati grandiosi perché ci hanno fatto comprendere come si deve dare voce alle parole del personaggio, che non sono le mie, devo lasciarlo andare e capire che è tutto molto più complesso di ciò che sembra».
MARIA TRENTA: «Ho voluto raccontare ciò che è accaduto a Beatrice Cenci nella Roma di fine Cinquecento. A me ha sempre affascinato e lo trovo anche attualissimo, ho sempre visto la figura di Beatrice come una grandissima eroina di cui, forse, non se ne parla abbastanza. Lei è morta per salvare i propri fratelli e se stessa da una serie di ingiustizie che provenivano dal loro padre. Spero nel mio piccolo di averla messa in luce».