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Artisticamente Magazine

Ivan Cotroneo: «Bisogna assumersi la responsabilità come ‘raccontatori’ di storie»

Ivan Cotroneo: «Bisogna assumersi la responsabilità come ‘raccontatori’ di storie»

Tempo di lettura: 7 minuti

 

IVAN COTRONEO ha dimostrato sempre uno sguardo lungimirante, precursore anche nello scegliere di affrontare alcune tematiche (condividendo spesso il lavoro di sceneggiatura con Monica Rametta) come ciò che si è visto nell’amata serie Rai “Tutti pazzi per amore” fino alla recente “La vita che volevi” (ancora disponibile su Netflix) con protagonista Gloria, interpretata da Vittoria Schisano (insignita del Nastro d’Argento come Protagonista dell’anno 2025).

Ivan Cotroneo
Ivan Cotroneo e Monica Rametta al photocall de “La vita che volevi” – Netflix/Camilla Cattabriga

“La denuncia” scritto e diretto da Ivan Cotroneo

L’occasione per dialogare con Cotroneo è il suo nuovo progetto teatrale, presentato in prima nazionale al Campania Teatro Festival 2024 e in programma 17 e 18 maggio al Teatro Gerolamo di Milano.

D: Ivan, nella scheda della pièce si legge: «si rifà a classici del teatro contemporaneo, come “The Children’s Hour“, in cui la discriminazione per orientamento sessuale è presente in forme sottili e inaspettate». Potrebbe approfondire?

«”The Children’s Hour” di Lillian Hellman è un testo che amo molto, ho apprezzato l’adattamento per il cinema, in particolare quello con Audrey Hepburn e Shirley MacLaine. Mi ha suggerito l’idea, in quel caso si tratta di due professoresse accusate da una bambina – che mente – di avere una relazione e questo sconvolge le loro vite. Alla fine c’è nello specifico un dialogo che cambia un po’ il genere del film. Quello che sembrava un lungometraggio con un intrigo giallo, per cui ci si domanda se riusciranno le due professoresse a smentire questa bugia, diventa un’opera che parla di sentimenti. Tornando a “La denuncia” c’è un mistero su cosa sia accaduto tra la professoressa e la studentessa dietro quella porta chiusa. Nel corso dello spettacolo viene fatta una ricostruzione dell’accaduto e c’è una scoperta essenziale che riguarda non solo i fatti, ma i sentimenti che sono sottesi a quello che è successo».

D: C’è un twist anche ne “La denuncia“?

«Sì, è un atto unico diviso in tre quadri. Senza spoilerare, nell’epilogo, che si svolge a distanza di tempo dai fatti, si scopre qualcosa che permette di rileggere tutto quello che è successo sotto un’altra luce. Lo spettacolo dura 55 minuti e questo permette alle due attrici (Marta Pizzigallo ed Elisabetta Mirra, nda), che sono straordinarie, di stare in una dimensione molto serrata del racconto».

La denuncia Ivan Cotroneo
da sn Elisabetta Mirra, Ivan Cotroneo e Marta Pizzigallo – Ph Manuela Giusto

D: Ivan è stato ispirato da fatti di cronaca?

«Non da uno in particolare, ma da ciò che riguarda a chi credere durante le deposizioni, è un meccanismo che mi colpisce. Il testo affronta il pregiudizio di genere, ciò che accade alle persone omosessuali. La professoressa è lesbica e questo incide nel corso della vicenda. Direi che mi ha ispirato un’aria che avverto rispetto a questo pregiudizio».

D: Pregiudizio che sembra resistere nonostante si parli di passi avanti, ma poi, in concreto, non si vedono…

«Siamo uno dei pochissimi paesi in Europa insieme all’Ungheria (che non mi sembra un paragone felice per quanto riguarda i diritti delle persone) a non avere una legge che consideri l’aggravante omofoba nei reati di violenza. Questo è importante perché crea un clima in cui le persone che appartengono alla sfera LGBTQIA+ non si sentono giustamente tutelate.
L’ultimo lavoro seriale che ho fatto, “La vita che volevi“, ha per protagonista una donna transgender e sono molto contento che concorriamo ai Nastri d’Argento come migliore serie dramedy e soprattutto che Vittoria Schisano abbia ricevuto il Nastro d’Argento come Protagonista dell’anno 2025, è un riconoscimento significativo per il personaggio che porta – prima di lei non c’era mai stata una protagonista transgender nella serialità italiana ed è sintomatica già l’assenza di questo tipo di racconto».

Vittoria Schisano e Ivan Cotroneo sul set de “La vita che volevi” – Netflix/Camilla Cattabriga

Ivan Cotroneo e la responsabilità di chi scrive

D: Lei è sempre stato precursore dei tempi.

«Credo molto nella responsabilità di chi scrive e mette in scena racconti di personaggi di finzione perché riguarda la vita di tutti quanti noi. Chi scrive ha delle responsabilità: quella di andare oltre i cliché, di raccontare quello che veramente succede nella società al di là delle macchiette, di pensare che esistono persone che magari non si sentono rappresentate e quando sono rappresentate vorrebbero riconoscersi in una realtà possibile.
C’è un premio in Italia a cui sono affezionato, i Diversity Media Awards (Oscar dell’inclusione ideati e promossi dalla Fondazione Diversity), si svolge a Milano e si tiene conto di chi ha rappresentato tutte le differenze. Sono contento che proprio questa responsabilità che metto nella scrittura sia stata riconosciuta ed è qualcosa che avverto anche da insegnante (è docente allo Iulm, nda). La prima cosa che dico agli studenti è di pensare che quando scrivono dei personaggi se ne devono assumere la responsabilità. Ovviamente ciascuno sceglie in base alla propria sensibilità che tipo di visione del mondo portare, la mia è inclusiva e cerco di sottolineare quello che mi viene raccontato. Li esorto a prendere in seria considerazione come i personaggi vengano visti e commentati, di conseguenza incidono sull’opinione della gente; devono raccontare le cose in cui credono e di non attenersi necessariamente al politicamente corretto».

Il rapporto docente-alunno

D: Qual è il limite da non oltrepassare?

«Prima di essere docente sono stato studente. Ho avuto dei maestri che mi hanno cambiato la vita, una in particolare, una maestra donna, è stata Suso Cecchi D’Amico, la più grande sceneggiatrice del Novecento – ha scritto tutti i film di Visconti e tante opere che hanno fatto la storia del cinema italiano. Sono molto consapevole della potenza dei maestri e su questo ho scritto anche una serie televisiva, “La Compagnia del Cigno“, in cui il maestro, interpretato da Alessio Boni, con dei metodi anche molto ruvidi accompagnava i ragazzi nella crescita. Il limite ovviamente è quello del rispetto assoluto nel rapporto. È un equilibrio molto delicato, non bisogna essere paternalistici e rispettare la persona e l’espressione altrui. Per esempio nelle mie valutazioni di quello che scrivono i miei studenti rispetto ai mondi che loro mettono in scena, sono sempre estremamente rispettoso del loro sguardo. Il mio compito come docente è di proporre, far riflettere, non quello di imporre la mia visione, ma spingerli ad allargare gli orizzonti».

ivan cotroneo la compagnia del cigno
dalla seconda stagione de “La Compagnia del Cigno”

D: Si avverte il senso di responsabilità anche in questo

«Credo che una chiave per rispettare il mondo dei ragazzi sia ricordarci come eravamo noi a quell’età, quando tutto assumeva dimensioni gigantesche proprio perché accadeva per la prima volta. Ricordo quando ero io alle prime armi, al Centro Sperimentale con Suso Cecchi D’Amico, con tutte le mie insicurezze e paure e non dimentico di come avessi bisogno di qualcuno che mi guidasse ma che contemporaneamente mi lasciasse anche libero».

D: A proposito de “La Compagnia del Cigno“, è bello che Marta Pizzigallo fosse anche nella serie, tra l’altro nel ruolo di docente, e che l’abbia voluta in questo spettacolo.

«Mi capita spesso di rilavorare con attori che stimo. La fase di casting è molto delicata perché si possono incontrare degli attori straordinari, ma poi si deve comporre un cast per cui si operano delle scelte. Ad esempio, quando stavo cercando la protagonista per “Un bacio” si presentò Fotinì Peluso, che non aveva frequentato nessuna scuola di recitazione. Fece un provino strepitoso, ma non era adatta per il ruolo (anche come età). Ho sentito la grande responsabilità di essere stato il primo regista a fare un provino a questa quindicenne di cui avevo colto il talento per cui l’ho chiamata, le ho spiegato perché non l’avessi presa e le ho detto di fare la cortesia per se stessa di continuare, non fermarsi… ed è stata scelta come protagonista da Francesca Archibugi. Sono tornato a lavorare con lei ne “La Compagnia del Cigno” con un ruolo adeguato per lei. Uno dei motivi fondamentali per cui faccio il regista è per il rapporto privilegiato che si crea con gli attori per cui si ha voglia di tornare a lavorare, capita di pensare a loro mentre scrivi. Con Marta Pizzigallo è stato così, Elisabetta l’avevo vista ne “Lo zoo di vetro“, volevo lavorare con lei e mi piaceva l’idea di metterle insieme per questo spettacolo».

D: Ivan, si sente un punto di riferimento?

«No, credo di essere una persona responsabile e questo è importante innanzitutto per me. Mi piace pensare che le cose che ho fatto sono state importanti per le persone che le hanno viste. Quando in “Tutti pazzi per amore” abbiamo deciso di introdurre un personaggio di un ragazzo sieropositivo che conduceva una vita assolutamente integrata, con un lavoro una relazione sentimentale e sessuale con la ragazzina protagonista, so perché ho ricevuto delle mail che è stato fondamentale per gli spettatori che si trovavano in quella situazione e, in precedenza, avevano visto la rappresentazione di una vita di privazione. Così come spero che sia stato importante nel caso di Gloria de “La vita che volevi” raccontare una protagonista trans non ai margini della società né una sex worker o destinata a una brutta fine, ma una persona forte».

La seduzione secondo Cotroneo

D: A proposito di cura nello scegliere termini e temi… La parola seduzione è connessa sia con lo spettacolo “La denuncia” sia col prossimo progetto teatrale con Anna Valle e Gianmarco Saurino (al Manzoni di Milano)». Come l’ha  declinata?

«La seduzione è un meccanismo che mi affascina molto. Hanif Kureishi, uno scrittore che amo molto e che ho avuto la fortuna di tradurre a lungo, spiega che il rapporto tra docente e studente è fatto anche di seduzione intellettuale, ovviamente nei limiti del rispetto reciproco di cui si diceva. La seduzione di “Scandalo” è molto diversa e spero che sfati alcuni cliché del maschile e del femminile; però la seduzione fa parte delle nostre vite. Mi auguro sempre di incontrare uomini, donne, ragazze, ragazzi che mi seducano con la loro arte e intelligenza. La denuncia” parla di seduzione e manipolazione e quest’ultima è esecrabile, specialmente quando si è in posizione di potere. In Italia abbiamo questa legge vergognosa per cui gli abusi sessuali hanno il limite di tempo di un anno per essere denunciati, la legge equivalente francese dà trent’anni perché si può aver bisogno di tempo per capire che ti è stata fatta una violenza. A proposito di responsabilità e di rapporti consensuali ho una visione molto rigida: ritengo che non si possano definire tali quando una delle due persone è in una posizione di potere magari nel dare all’altra persona un lavoro, la possibilità di realizzare un sogno, l’illusione di una carriera. Sono fortemente critico nei confronti di persone che non vogliono neanche definire colleghi ma che fanno il mio mestiere e usano il potere che hanno per esempio durante i provini per sedurre… ecco quella non è seduzione, ma è manipolazione».

D: Mi sembra importantissimo mettere l’accento su questo e forse farlo anche a teatro, probabilmente il luogo rimasto dove poter riflettere

«”La denuncia” è su questo. Si assiste a discussioni sulla responsabilità dei comportamenti di Clelia, l’insegnante».

La denuncia” sarà ripreso nella stagione ’25-’26 con una tournée più lunga e che toccherà diverse città.

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