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Artisticamente Magazine

Mehmet Günsür: «Il processo di creazione è nutrimento»

Mehmet Günsür: «Il processo di creazione è nutrimento»

Tempo di lettura: 9 minuti

 

MEHMET GÜNSÜR in molti hanno imparato a conoscerlo come il direttore d’orchestra che, nella seconda stagione de “La Compagnia del Cigno”, scombina gli equilibri all’interno del conservatorio – con un approccio diverso – e non solo. Dialogare con lui apre una visione e un ponte su due ‘mondi’ che si sono uniti: la cultura turca e quella italiana, il tutto grazie alla passione per l’arte e specificatamente per la recitazione.
La nostra conversazione ha preso il via dall’ultimo ruolo che sta incarnando, da co-protagonista con Anna Valle e Giorgio Pasotti, in “Lea – Un nuovo giorno” (una coproduzione Rai Fiction e Banijay Studios Italy).

Mehmet Günsür
Ph Cem Talu

Mehmet Günsür e il suo Arturo in “Lea – Un nuovo giorno


D:
Partendo proprio dalla prima puntata, il suo personaggio è molto diretto e al contempo poetico (un esempio è la battuta con la citazione di John Lennon). Quest’ultima sfumatura l’ha voluta conferire lei o era già presente in sceneggiatura?

«La scrittura nella costruzione di Arturo era molto ben curata per cui è stato un buon punto di partenza. Dopo che ho compreso le qualità, ho iniziato a farlo mio, anche con delle aggiunte, mantenendolo il suo scopo dell’esistenza. Mi interessava renderlo un po’ più umano, talvolta spinoso, in generale lo si potrebbe definire uno spirito libero. Come avviene per ogni ruolo, lavorarci sopra ti permette sempre di scoprire dei nuovi aspetti… La ragione per cui amo questo mestiere sta anche nella creazione dei personaggi, è forse il momento più bello, poi certamente c’è la soddisfazione del risultato finale, che corrisponde alla ‘ciliegina sulla torta’, completandone l’avventura. Per quanto mi riguarda il processo, il viaggio di creazione e realizzazione è molto più nutriente».

Mehmet Günsür Lea un nuovo giorno
In foto Anna Valle, Mehmet e Cloe Günsür – Ph Pierfrancesco Bruni

D: Quanto sposa la citazione da John Lennon: «La vita è quello che ci succede mentre siamo impegnati a fare altri piani»?

«Totalmente. Ci suggerisce il carpe diem, essere dentro al 100% con quello che abbiamo nel momento. Credo che il nostro scopo sia proprio quello di vivere nell’attimo con ciò che abbiamo in quell’hic et nunc, senza dimenticare le responsabilità e senza viaggiare con la testa in un’altra direzione, altrimenti si perde il bello di ciò che si sta vivendo in quell’istante».

Mehmet Günsür Lea un nuovo giorno
In foto Mehmet Günsür e Anna Valle – Ph Pierfrancesco Bruni

D: A suo parere la pandemia che ci ha colpiti crede che possa far rivalutare questo tipo di approccio verso l’esistenza?

«Me lo auguro. Questa pandemia ci ha attraversato toccando ognuno di noi, tutti siamo cambiati e vorrei sperare in meglio. Ritengo che le priorità siano mutate e che possa aver velocizzato il processo di un ritorno alla natura, dell’essere felici con ciò che che abbiamo e che si siano ricoperti, all’interno delle relazioni, valori come empatia e rispetto».

D: Arturo nella puntata iniziale afferma: «Odio quelli che scappano di fronte alle responsabilità». Cosa ne pensa?

«Senza etichette, vale per tutti: le responsabilità ci fanno crescere, ci fanno essere uomini. Questo termine racchiude più sfumature: responsabilità verso noi stessi, gli altri, nei confronti dei nostri figli o ancora verso il mondo e il pianeta. La responsabilità di un artista deve consistere nel continuare a creare e a toccare i cuori delle persone; deve connettersi alla vita. Sono così fortunato di poter fare il lavoro che mi piace».

Mehmet Günsür Lea un nuovo giorno
In foto Anna Valle e Mehmet Günsür – Ph Pierfrancesco Bruni

Mehmet Günsür e la responsabilità dell’artista


D:
Effettivamente gli artisti hanno una capacità di ascolto che va oltre dall’essere umano, tra virgolette, normale…

«Sono un attore e ho a che fare proprio con l’essere umano, coi cuori, con gli spiriti. La capacità più importante di un interprete è ovviamente l’empatia: cercare di capire l’altra persona. Secondo me il nostro mondo diventerebbe migliore se tutti ascoltassimo gli altri, il nostro problema sta nel fatto che delle volte non ci ascoltiamo più».

D: Ha accennato in conferenza stampa di aver lavorato con sua figlia e che sarà qualcosa che non dimenticherà mai. Ipotizzo si sia trattato della prima volta…

«Esatto. Quando sono andato a sostenere il provino per la mia parte, mi hanno spiegato che avrei dovuto incarnare un padre single, con una figlia di 8 anni. Mi è venuto spontaneo dire di avere una figlia di quell’età. L’hanno voluta incontrare, ha sostenuto un provino, facendo impazzire tutti. In primis mi ritengo davvero fortunato che la sua prima esperienza sia avvenuta con me – parliamo pur sempre di una bambina piccola, sul set eravamo sempre insieme e questo mi ha trasmesso ulteriore sicurezza e tranquillità, ma la cosa fondamentale è arrivata da Isabella (Leoni, la regista, nda), che con la sua sensibilità è diventata la ‘mamma’ di tutti. Mi sono sentito molto protetto sia nel mio caso che per mia figlia per cui è stata un’esperienza meravigliosa» [si avverte l’entusiasmo e la partecipazione con cui racconta].

Mehmet Günsür Lea un nuovo giorno
Mehmet e Cloe Günsür – Ph Pierfrancesco Bruni

L’esperienza ne “La Compagnia del Cigno


D:
A proposito del rapporto coi figli, ne “La Compagnia del Cigno”, il personaggio a cui dava volto aveva un rapporto molto conflittuale col proprio. La scelta estrema che compie spiazza, anche se, probabilmente, il pubblico arriva preparato. Cos’ha significato quel gesto per lei?

«Teoman Kayà non ha niente da perdere, ha una malattia terminale come un tumore al cervello che lo porta a reagire in maniera non usuale. È un animale ferito quindi molto aggressivo, però aveva pensato un piano dettagliato; sicuramente è totalmente opposto al Arturo, il quale è un uomo libero, in cerca di amore. Kayà era prigioniero delle proprie sensazioni di sconfitta, di aver perso l’amore della sua vita, tanto che da quel momento la sua esistenza non è mai andata bene, a parte la carriera. La responsabilità di una vita buia la attribuisce a Luca Marinoni (Alessio Boni) e Irene Valeri (Anna Valle). Non ha empatie né un rapporto con il figlio».

Mehmet Günsür La Compagnia del Cigno
In foto da sx Anna Valle, Mehmet Günsür e Alessio Boni – Ph Sara Petraglia

D: Le ha lasciato degli strascichi?

«Ogni progetto ci lascia qualcosa. Preparare quel personaggio è stato indimenticabile: ho imparato a dirigere tre sinfonie, ciascuna della durata di più di 2 minuti e mezzo, quindi dall’inizio alla fine. Durante la pandemia ci siamo connessi con il maestro, per mesi ci siamo concentrati a riguardo e per me che amo la musica è stato incredibile. Così come non potrò mai dimenticare quando sono salito sul palcoscenico di fronte all’orchestra composta da 75 pezzi e quando alzavo la bacchetta tutti mi guardavano, non si sentiva neanche un rumore. Quando penso a Teoman Kayà, al di là del suo darkside, lo ricordo felicemente per questa padronanza della musica e nel dirigere l’orchestra. Per di più, essendoci il covid, non abbiamo mai fatto le prove insieme quindi ci siamo trovati per la prima volta appena prima di girare la scena e tutti, dopo il primo ciak, si sono alzati in piedi ad applaudirmi e mi sono commosso».

Mehmet Günsür La Compagnia del Cigno
Ph Sara Petraglia

D: È una serie che ho amato molto. Condivido tutto ciò che ha raccontato in merito al suo ruolo e mi permetto di aggiungere che la sua scelta è anche un’ammissione di grande fragilità e dell’incapacità di saper chiedere aiuto. Questo è un punto che dovrebbe portare le famiglie a riflettere e dialogare..

«Sento che, al di là del suo lato oscuro, il pubblico ha capito Teoman, lo ha compreso».

La scrittura di Mattia Torre


D:
Ha preso parte anche al film “Figli” diretto da Giuseppe Bonito. A proposito di Mattia Torre, cosa ne pensa della sua scrittura?

«Per me lui rimarrà sempre un genio, la sceneggiatura era meravigliosa sin dall’inizio. Non c’era né una battuta in più né in meno. Purtroppo non ho avuto modo di conoscerlo perché quando sono stato coinvolto per il film, lui ci aveva lasciato da una settimana. So, però, che aveva chiesto di propinarmi. Giuseppe, il suo primo assistente, hai girato il film. Sento di aver avuto la fortuna di far parte di questa grande squadra che rendeva un omaggio, con l’anima, verso Mattia».

Mehmet Günsür e la scoperta della propria strada


D:
Ferzan Özpetek nelle note di regia al suo spettacolo “Ferzaneide – Sono Ia!” scrive che racconta tra la città che l’ha vista nascere, Istanbul, e quella che l’ha vista diventare uomo. È anche per lei così?

«La mia storia è un po’ diversa dalla sua poiché ho frequentato medie e liceo in una scuola italiana a Istanbul per cui, subito dopo le elementari, ho iniziato a imparare la lingua italiana. Quando avevo 7-8 anni sono partito con le prime pubblicità, poi a 12 anni ho fatto una serie molto importante (mi riferisco al 1986 ed era l’epoca di un canale, in cui si girava tutto in pellicola). Tutta la storia veniva narrata dal punto di vista del piccolo figlio di questa famiglia, interpretato da me. Già allora ho cominciato a comprendere che recitare mi piaceva molto, ma non era l’unica cosa volevo fare.

Mehmet Günsür
“Saïgon, l’été de nos 20 ans”, 2011

Con l’adolescenza ho attraversato anche il periodo della metamorfosi fisica, mi sono appassionato alla musica mettendo in piedi una band rock che è andata avanti per anni. Nel frattempo gestivo un ristorante in un jazz club. Nel ’96 ho fatto un provino per “Il bagno turco”, avevo 21 anni e in quella circostanza ho deciso di fare questo mestiere… ho lasciato il ristorante, il gruppo si è sciolto da solo. Grazie al film di Ferzan, un regista di Bologna mi ha offerto un ruolo in uno spettacolo, “Bent” e così sono venuto in Italia nel ’98. Abbiamo fatto una tournée di ben quattro anni; agli inizi del duemila mi sono trasferito subito a Roma, ho trovato un’agenzia e già dai primi provini venivo selezionato. La porta all’Italia è stata aperta da “Il bagno turco”».

D: Come ha capito che era questa la strada giusta da compiere?

«Sono una persona che ascolta molto il proprio istinto; non sempre hai delle risposte, delle volte avverti delle sensazioni, non del tutto spiegabili, però hai la percezione che è la direzione giusta perché ti senti felice. Poi ho conosciuto mia moglie, abbiamo una famiglia e quindi sono diventato più italiano. Avendo studiato con insegnanti italiani, avevo la cultura italiana dentro».

Mehmet Günsür Film
“In the Army Now”, 2003

Aspirazioni, idee e prossimi progetti


D:
Vorrebbe tornare a teatro?

«Ci sono dei progetti che sto valutando sia in Turchia che in Italia, ma non c’è ancora nulla di ufficiale. Mi piace scoprire testi contemporanei e c’è una nuova generazione di autori che apprezzo molto. Il teatro turco sta vivendo una rinascita. Sarebbe molto bello, ad esempio, realizzare lo stesso spettacolo in due lingue diverse visto che ho questa fortuna di avere la padronanza di italiano e turco».

D: Ho letto che è nel cast della seconda stagione di “Diavoli” (targato Sky)

«Ho ricoperto una piccola parte, ma molto divertente. Posso anticipare come progetti ufficiali che quest’estate girerò un film in Turchia e una miniserie su Atatürk. Stiamo parlando in merito alla seconda stagione di “Lea un nuovo giorno” e a brevissimo andrò a girare una pubblicità in Turchia».

Mehmet Günsür
“Close To Jesus: Joseph”, 2005

D: Quale brano descriverebbe questa fase della sua vita?

«[Lo mette un po’ ‘in crisi’ scegliere un solo brano] Mi piace la musica che mi sorprende, quella intelligente, costruita, pensata per cui apprezzo tanto la musica progressiva. D’istinto, rispetto alla domanda, mi è venuto in mente – forse anche perché abbiamo parlato di Kayà – un brano di Max Richter, il quale ricompose in un album le Quattro Stagioni di Vivaldi. Ci sono due o tre pezzi che mi piacciono moltissimo, in più è molto cinematografico, infatti compone delle colonne sonore stupende».

D: Se dovesse dire quello che le andrebbe di suonare?

«Vorrei suonare come ai vecchi tempi nei bar, in cui si sente odore di birra e opterei per pezzi rock. Mi piace molto cantare la vecchia scuola rockettara anni ’80-’90».

D: Sarebbe bello se le offrissero un musical di un determinato target

«Sarebbe molto stimolante. Esistono dei musical che apprezzo come “Hedwig and the Angry Inch”, racconta la storia di un trans e tutte le musiche sono di Lou Reed, David Bowie ed è uno dei musical più belli che abbia mai visto nella mia vita».

 

Ph cover: Cem Talu

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