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Artisticamente Magazine

Stefano Accorsi: «Ho osato di più decidendo di fare questo mestiere»

Stefano Accorsi: «Ho osato di più decidendo di fare questo mestiere»

Tempo di lettura: 7 minuti

 

Quando STEFANO ACCORSI si pone verso chi ha davanti, si avvertono curiosità e predisposizione positiva, poi certo la fiducia va conquistata, ancor più se ci si incontra per la prima volta. La voglia di dialogare e raccontarsi c’è ed è questo che ha creato sin da subito una piacevole conversazione, da cui si è avuto modo di cogliere l’auto-ironia, un grande senso della realtà e, al contempo, desiderio di sognare, progettare. Un sorriso genuino, con la battuta pronta che sa essere contagiosa e lo sguardo innamorato delle persone a cui tiene e del lavoro conquistato e scoperto passo dopo passo, quindi della vita. Questo ci ha trasmesso Stefano Accorsi durante il nostro incontro, partito dalla sua interpretazione di Guglielmo Marconi nella miniserie “MARCONI – L’uomo che connesse il mondo” per la regia di Lucio Pellegrini (produzione Stand By Me in collaborazione con Rai Fiction), in prima visione 20 e 21 maggio su Rai1 (dal 20 sera il box set è disponibile su RaiPlay).

Stefano Accorsi nei panni di Guglielmo Marconi


D:
Stefano, in passato ha dichiarato che personaggi forti capitano raramente purtroppo, Marconi rientra tra questi?

«Intendevo forti anche nel senso di caratterizzati (nell’accezione positiva del termine) ed è abbastanza complicato. Per fortuna ogni tanto accade. Marconi non è tanto caratterizzato, ma è forte perché sicuramente è stato un uomo clamoroso da tanti punti di vista e questo progetto è stata un’occasione per riscoprirlo. Alcuni sanno che ha inventato la radio senza fili, ma altri no, è come se si sia persa la sua memoria. Nel mondo dell’imprenditoria, in particolar modo legata alla comunicazione, è rimasto un faro. Talento precocissimo, così giovane, grazie anche all’aiuto di sua madre, è riuscito a depositare il brevetto in Inghilterra, il che era complicatissimo. È stato in grado di coniugare sia la parte imprenditoriale che quella più geniale. Si dice che l’Italia sia il Paese dove è sempre difficile riuscire giovani, lui, in quel periodo è quasi l’esempio opposto e, non solo, continua a credere nei giovani» (vedi i ragazzi di via Panisperna, nda).

Stefano Accorsi Guglielmo Marconi
Ph Kikka Tommasi

D: Nella prima puntata si parla del raggio della morte

«A quell’epoca era un’idea che abitava molto l’immaginario (c’era persino nei fumetti), così come si diceva che una superpotenza voleva creare quest’arma misteriosa che era un po’ fantasmagorica; ma non ci sono prove che Marconi abbia veramente investito in questo. L’unica testimonianza è quella della Petacci che racconta come a un certo punto arrivi una colonna di automobili che si è bloccata e Mussolini disse che si trattava del raggio della morte. Credo che si sarebbe saputo se effettivamente ci stesse lavorando. Marconi ha avuto un periodo in cui è stato lusingato, aveva le mani libere e poi, sempre più, si è sentito accerchiato, messo in difficoltà. Non credo che fosse un uomo che avesse convinzioni politiche forti, ma gli atteggiamenti avuti a un tratto dal fascismo nei suoi confronti hanno cozzato col suo senso innato di libertà. Si è sentito prevaricato».

Stefano Accorsi Guglielmo Marconi
A sn Fortunato Cerlino nel ruolo di Benito Mussolini, a dx Stefano Accorsi – Ph Kikka Tommasi

Gli esordi di Stefano Accorsi


D:
Lei ha dimostrato un senso di libertà sin dagli esordi. «Cosa direbbero i tuoi se ti portassi con me per due mesi in America?» le disse Pupi Avati nel comunicarle che l’aveva preso per “Fratelli e sorelle” con cui ha iniziato la carriera. Ha raccontato delle foto che scattava affascinato dal Mississippi e di come la gente avesse un rapporto con la vita e con la morte diverso dal nostro…

«C’erano meno venti gradi, le persone ti vedevano seduto su una panchina ad assaporare la neve che cadeva, il clima era secco per cui hanno pensato che potessi morire congelato».

D: Si sono preoccupati per lei?

«Sì, ero in contemplazione, ero coperto per come la vedevo io, poi magari stavo morendo e non me n’ero accorto» [conclude scherzando].

Accorsi e il trasferimento in Francia


D:
Ha dichiarato che è andato a lavorare in Francia anche perché l’attenzione della gente le trasmetteva angoscia dopo il grande successo de “Le fate ignoranti” e de “L’ultimo bacio

«Avevo deciso di andarci ogni tanto perché volevo ricominciare a guardare più che a essere guardato. Ne ho approfittato per studiare il francese, andavo due mesi e rientravo e poi ripartivo. Sono state delle pause in cui andavo al cinema e vedevo tre film di seguito, a cena con amici. Potevo ricominciare a fare quella vita che avevo fatto fino a un paio di anni prima».

L’amore per questo mestiere


D:
Raccontandosi con sincerità in un incontro con gli allievi della Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone” (dove si è diplomato nel 1993) ha affermato: «Non ho mai messo in dubbio la vocazione, ma è stato il lavoro a farlo».

«Sì ho sempre saputo che volevo fare questo mestiere, che ti insegna tanto anche sul piano pratico. A un certo punto ti fai un’idea e arriva, ad esempio, l’occasione della pubblicità del Maxibon con Daniele Luchetti che scombina le carte (lo dice in un’ottica positiva, nda). Alle volte le sovrastrutture ti vengono tolte proprio dal mestiere. Secondo me in tanti abbiamo preso dei ‘piccoli schiaffi’, poi magari fai il progetto che funziona perfettamente, però qualcuno di questi schiaffi insegna molto. Ligabue, pur essendo al suo esordio con “Radiofreccia”, mi disse di stare su un’autenticità anche minimale e si rivelò funzionante come indicazione così come Gabriele Muccino può arrivare sul set e darti tantissime indicazioni con la la sua parlantina veloce [dovreste sentirlo come riferisce] e ti sembra di stare su una barca in balia delle onde. Ce lo diceva anche Alessandra, la nostra direttrice di teatro: non bisogna mai pensare quando siamo seduti qui a quello che faremo lì, è qualcosa che deve succedere lì».

D: In “Marconi”, nell’episodio in cui è protagonista in “Call My Agent 2” e nell’incontro con gli allievi della Scuola Garrone torna l’istinto. Si fida più del suo istinto o del suo cuore? L’ha mai tradita l’istinto?

«Preferisco tutto sommato aver sbagliato su una cosa nella quale credevo che per una in cui non credevo. Mi viene in mente quando Jim Carrey ha detto che il vero comico in famiglia era suo padre, il quale, però, scelse la strada dell’impiego fisso; ma a un certo punto è rimasto disoccupato ed è caduto in depressione. La componente di rischio c’è sia da una parte che dall’altra, almeno ci si assume il rischio per una cosa in cui si crede. Più che tradito l’istinto, diciamo che non si ha sempre la capacità di essere freddo e lucido. Con Bellocchio avrei lavorato con grande piacere. Esistono momenti della vita in cui sei estremamente sollecitato, era anche uno di quei periodi in cui ero andato in Francia. Avevo queste pile di copioni, per carità non tutti uguali, ma ero come se mi sentissi sotto assedio e la cosa di “Buongiorno notte” si è spenta da sé… Magari torna l’occasione».

D: Rivolgendosi sempre agli allievi suggeriva di osare. Quando pensa di averlo fatto di più?

«Decidendo di fare il mestiere che faccio».

Stefano Accorsi ci racconta il suo pensiero sulla politica e l’iniziativa del festival “Planetaria”


D:
Ha interpretato il presidente del Consiglio in “The Young Pope” di Paolo Sorrentino, ha mai pensato di intraprendere la strada politica?

«La politica non è una missione che fa per me. Ho profondo rispetto di chi la fa in un certo modo, conosco alcuni politici e amministratori pubblici che la prendono molto seriamente come Tommaso Sacchi (Assessore alla Cultura del Comune di Milano). Pensando a quest’ultimo caso ti rendi conto che anche a livello più ‘locale’ hai a che fare con le coscienze e l’immaginario delle persone soprattutto se si parla di cultura. Devi avere una chiamata, io non l’ho sentita (almeno per ora)».

D: Si può dire che la decisione di realizzare il festival “Planetaria” sia un modo di fare politica?

«Sì nel senso che ci siamo resi conto che parlare di cambiamenti climatici – questione che mi sta molto a cuore – ci riguarda totalmente. Non c’è più rifugio. È molto complesso affrontare l’argomento senza essere disfattisti, angosciare le persone e soprattutto creando un meccanismo che, essendo empatico, crea un percorso. La fusione tra arte e scienza può creare un terreno per cui si vive un’esperienza emotiva di un certo tipo, da condividere con la famiglia.

Stefano Accorsi

Abbiamo ideato insieme a Filippo Gentili questo progetto di tre giorni (dal 7 al 9 giugno al Teatro della Pergola di Firenze), da ripetere annualmente e che si può esportare, in cui è prevista una parte la mattina dove i bambini possono impastare le mani sperimentando, sempre mediato dall’arte perché crea un ricordo. La sera realizziamo uno spettacolo condividendo artisti e scienziati, coinvolgendo il pubblico. Vogliamo che sia il più possibile emotivamente coinvolgente perché solo quello che diventa un’esperienza emotiva è un bagaglio che ci portiamo maggiormente con noi».

Stefano Accorsi: i prossimi progetti

Attualmente Stefano Accorsi è sul set de “La figlia” di Ivano De Matteo. Prossimamente uscirà su Netflix “Il treno dei bambini” di Cristina Comencini e ha doppiato Will Ferrell, il quale dà voce a Maxime Le Mal in “Cattivissimo Me 4”.

Stefano Accorsi Il treno dei bambini
“Il treno dei bambini” – credits Anna Camerlingo / Netflix

In teatro ci teniamo a ricordare i lavori dall’Orlando Furioso (“Giocando con Orlando – assolo”, “Giocando con Orlando” con Marco Baliani e “Furioso Orlando”), “Decamerone” e “AZUL – Gioia, Furia, Fede y Eterno Amor”, prodotti da Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo; chissà quale altra storia avrà voglia di raccontarci sulle tavole del palcoscenico.

 

Ph cover: Enrico De Luigi – courtesy Saverio Ferragina

 

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