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Artisticamente Magazine

Susy Del Giudice e la «Voglia di raccontare e raccontarmi». Un’intensa Luisa De Filippo nel film di Rubini

Susy Del Giudice e la «Voglia di raccontare e raccontarmi». Un’intensa Luisa De Filippo nel film di Rubini

Tempo di lettura: 8 minuti

 

SUSY DEL GIUDICE è frastornata, nell’accezione migliore del termine, da ciò che sta accadendo. Un turbinio di impegni ed emozioni per l’uscita del film “I fratelli De Filippo (al cinema 13, 14 e 15 dicembre) in cui ricopre, ponendo in campo una gamma di registri, il ruolo di Luisa, la madre ‘coraggio’ di questi tre fratelli. Mentre dialoghiamo cresce la sua «Voglia di raccontare e raccontarsi». Luisa, che col tempo ha messo da parte se stessa per tenere uniti i figli, «Aveva occhi diversi per ognuno di loro, infatti Sergio (Rubini, il regista), sin dalle prove a tavolino, mi ha svelato questo aspetto», ci svela, aggiungendo che si era raccomandato che lo dovevo sapere solo io e nessun altro che magari il personaggio aveva una predilezione per Eduardo. «Per me questa è una grande magia», chiosa con l’emozione di chi è incredulo ancora, ma sa di essersela meritata con la gavetta.

Susy Del Giudice I fratelli De Filippo
“I fratelli De Filippo” – Ph Eduardo Castaldo

In quest’intervista potrete scoprirla nella sua genuinità e venire a conoscenza di quanti lavori ha realizzato (e non potevamo affrontarli tutti). Susy Del Giudice sa essere un fiume in piena che, però, non travolge ma ti accarezza trasmettendo entusiasmo per questa professione.

D: È stata bella la scommessa da parte di Rubini e della produzione sui tre giovani attori che interpretano i fratelli e il quadro familiare che siete riusciti a creare…

«In particolare Mario Autore era la prima volta che si trovava davanti a una una macchina da presa. Ritengo che Sergio abbia scommesso non solo su loro tre, ma anche su alcuni di noi perché anche nel mio caso, può essere che mi si conosca perché mi hanno visto a teatro, ho preso parte anche fiction, ma è innegabile che il grande pubblico non fosse a conoscenza di me o comunque non tutti. Ha puntato pure su Biagio Izzo perché lo si conosce più come un attore da cine-panettoni. Ha chiesto di voler lavorare con noi ed è stata una grande soddisfazione avvertire la sua fiducia e osservare che abbiamo cercato di restituire ciò che ci chiedeva nello specifico».

Susy Del Giudice
Ph Piergiorgio Pirrone

D: Cosa ha voluto da lei?

«La verità. Desiderava che attraverso di me si conoscesse chi era questa mamma chioccia, che amava profondamente i suoi figli. Luisa De Filippo aveva un cuore buono, si è innamorata da giovane di quest’uomo più grande di venticinque anni, Eduardo Scarpetta – zio acquisito, in quanto si trattava del marito di Rosa, la quale sapeva della relazione con Luisa e chiudeva un occhio. Luisa è rimasta quasi inconsciamente affascinata da ciò che rappresentava Scarpetta, grande drammaturgo del secolo scorso, ed è rimasta ‘quasi incastrata’. Gli è rimasta accanto fino agli ultimi respiri, dopo aver avuto con lui tre figli illegittimi, i quali non hanno avuto nulla sul piano dell’eredità diciamo materiale, ma hanno ereditato l’arte. Forse l’unico rammarico di Luisa consiste nel non aver potuto dar loro una vera famiglia, ha fatto loro da madre e da padre. Era inconsapevole del fatto che il suo cognome, De Filippo, sarebbe stata la loro fortuna».

Susy Del Giudice
Ph Piergiorgio Pirrone

D: Nel film Eduardo dice: «Rubare la verità miezza alla via»

«Lui ha creato un nuovo tipo di teatro. Eduardo si è voluto allontanare a tutti i costi da quel teatro di tradizione dell’epoca, come in parte aveva fatto Eduardo Scarpetta allontanandosi dall’Ottocento dalla maschera di Pepito. Eduardo ‘ruba’ dalla vita quotidiana, che è quella in cui la gente si riconosce: un esempio è l’opera “Filumena Marturano” perché non ha raffigurato il simbolo degli anni ’40-’50 – cioè la sex symbol – ma Titina. Era di una bravura attoriale enorme, in più le signore, le casalinghe si rivedevano in lei».

D: Lei sposa questa idea di teatro e di approccio proprio dell’arte che si interseca all’esistenza…

«Non potrei fare altrimenti anche perché io nasco e cresco con la tradizione napoletana. Ho 52 anni ma all’età di 7 ho debuttato nella sceneggiata napoletana, quindi nelle viscere partenopee, diretta da Beniamino Maggio. Papà era suggeritore di teatro, mamma con me in grembo lo accompagnava, sono nata in quella scatola magica. Da lì non mi sono più fermata, fino a quando ho conosciuto Mario Scarpetta, con cui sono stata in compagnia per tanti anni fino a un giorno in cui, mentre eravamo in tournée a Roma, andai a vedere “Il malato immaginario” interpretato da Luigi De Filippo. Quando sono andata a salutarlo porgendogli mille complimenti, mi chiese chi fossi, gli risposi dicendo che stavo lavorando con Scarpetta e lui mi chiese in merito all’anno successivo. Gli dissi la verità e cioè che non sapevo ancora poiché non avevo riformato il contratto e lui mi disse: “Te ne vuoi venire con me”. Mi tremarono le gambe. Sono rimasta in compagnia con lui per cinque anni, sono andata via io perché avevo l’esigenza – essendo ancora giovanissima – di fare altro. È stato un grande maestro: lui non mi diceva niente alle prove, ma solo di mettermi dietro alle quinte e ‘rubare’ mentre gli altri sono in scena».

Susy Del Giudice I fratelli De Filippo
”I fratelli De Filippo” – Ph Eduardo Castaldo

D: Scarpetta, invece, cosa le ha lasciato?

«La vera tradizione scarpettiana, ho imparato a camminare – va detto che ero piccolina per cui ovviamente ero impacciata, anche se arrivavo un’ora prima degli altri attori perché mi facevano camminare in palcoscenico. Mario mi ha insegnato a respirare ancora di più – se possibile – la tradizione, ci portava a casa sua dove ho visto il calco perché il padre – si dice – che quando è morto pare l’abbiano addirittura imbalsamato. Mario aveva sete di raccontarci della sua famiglia ed è quasi diventata la mia di famiglia. Non lo ringrazierò mai abbastanza».

Susy Del Giudice Mario Scarpetta
‘Na Santarella con Mario Scarpetta

D: Proprio perché lei ha avuto questi contatti così diretti e poi è arrivata questa coincidenza-conquista della parte di Luisa, che percezione ha avuto da loro di quello che Rubini – ha dichiarato – fosse una storia che andava raccontata?

«Scarpetta adorava la sua famiglia e ne parlava sempre con un sorriso, tutti i giorni, si sentiva l’esigenza di far sempre vivere le scarpettiane in teatro. Luigi, almeno nel privato, parlava poco del padre (Peppino De Filippo) e più di Eduardo. Posso condividere un aneddoto avvenuto in tournée: mentre stavamo parlando, mi raccontò di quando era piccolo e un giorno arrivò suo zio Eduardo, il quale aveva voglia di condividere ciò che c’era scritto nei fogli che aveva in mano. Mezz’ora prima aveva appena finito di scrivere “Filumena Marturano” (a quel tempo atto unico), si sedette con accanto il nipote e interpretò tutti i personaggi. Poi sempre adrenalinico, gli domandò che cosa ne pensasse. Luigi gli rispose: “Per me è un capolavoro”».
La Del Giudice si commuove con una grande autenticità, aggiungendo: «Mi è caduto addosso tutto quello che ho sempre desiderato e devo dire infinitamente grazie a Sergio Rubini».

Susy Del Giudice I fratelli De Filippo
“I fratelli De Filippo” – Ph Eduardo Castaldo

D: In questo momento la gente sembra avere ancora paura nel recarsi a cinema e teatro… magari il vostro film potrebbe riunire la famiglia nel recarsi in sala.

«Ho temuto che la gente ancora fosse spaventata e, infatti, pure per la prima al San Carlo mi interrogavo se sarebbe venuta o meno; devo riconoscere che con tanto coraggio e anche tanta voglia di ricominciare ho visto un pubblico con una grande forza nel venire a teatro a vedere un film, greenpassati e con la mascherina per cui grande rispetto. Secondo me ne stiamo uscendo fuori, certo molto molto lentamente. Mi auguro un 2022, non dico senza senza virus, ma con questa speranza che possa andar via.

Susy Del Giudice teatro
“Exit” – Ph Salvatore Pastore

Non tantissimo tempo fa, sono andata in scena al Teatro Comunale di Caserta: la sala era piena, le persone indossavano le mascherine e, a malincuore devo dirlo, non percepivo. Sentivo le risate, ma non è la stessa cosa. Spero che torneremo quanto prima alla normalità, ne abbiamo bisogno. Non faccio riferimento al lockdown perché è stato un periodo senza anima, senza fiato, senza vita e voglio guardare avanti. Quando sono tornata in teatro, che per me è casa, ho sentito ritornare la terra sotto i piedi e il tetto sopra la testa».

D: Facciamo un salto all’interno del suo percorso, lei ha fatto parte di “Napoletango” per la regia di Giancarlo Sepe, uno spettacolo che ancora si ricorda…

«Mi è rimasto nel cuore. È il teatro non teatro, quello dove si recita ma non si recita, non si balla ma si balla, non si canta ma si canta e poi Giancarlo Sepe è riuscito a metterci a nudo in tutti i sensi senza metterci a nudo. Non ci siamo mai vergognati mai, abbiamo fatto in modo – o almeno spero che sia arrivato questo – che il pubblico non guardasse il nudo come qualcosa di scandaloso, ma come qualcosa di naturale. Giancarlo ci ha dato una forza incredibile. C’era tanta sete di portare in scena questo spettacolo. Eravamo tutti diversi, spaiati, ha scelto tutti i colori e ci ha uniti. Ho debuttato al Teatro San Carlo con “Napoletango” per cui quando sono tornata per la prima del film l’emozione è stata fortissima».

D: Viaggiando ancora tra i suoi grandi maestri… Condividerebbe un ricordo di Aldo Giuffrè.

«Altro grande maestro. Ho potuto lavorare con lui in un solo spettacolo però lo conosco da sempre per via del lavoro di papà, quando Carlo e Aldo lavoravano assieme. Sono entrata in compagnia quando era a Roma al Teatro delle Muse per “Ma c’è papà” scritto da Titina e Peppino. Aldo mi ha fatto un grande regalo: era un regista attento, meticolosissimo, si metteva dietro le quinte per non farmi perdere lo stato d’animo che dovevo manifestare nel finale. Lui c’era tutte le sere».

D: Per il grande schermo ha avuto il ‘battesimo’ con “Pasqualino Settebellezze” diretto da Lina Wertmüller, recentemente scomparsa…

«Se n’è andata un genio della cinematografia italiana, non a caso è stata candidata all’Oscar come miglior regista italiana – la prima donna. Poi la statuetta l’ha ricevuta alla carriera nel 2019, ma era doveroso che gliela consegnassero. Era una donna semplicissima nel suo privato quasi si vergognava, era timida. Conservo un ricordo di quando avevo circa nove anni, anche in quella circostanza papà ricoprì il ruolo di suggeritore perché lei non voleva che un assistente alla regia facesse quel tipo di lavoro. Custodisco ancora la sceneggiatura di quel film come se fosse una reliquia. Stavamo girando al Castello di Baia in provincia di Napoli, io ero tra coloro che interpretavano le piccole italiane e con tanta pazienza ci diceva: “Mi raccomando bambine, a un certo punto io dirò una parola, azione, e voi a quel punto vi girate, vedrete quel signore, tutto vestito di bianco, che scende. Lo dovrete guardare, ascoltare ciò che dice e poi continuare a giocare”. Io mi giro e vedo Giancarlo Giannini. Mi sono innamorata allora di lui e non mi sono mai disinnamorata.. L’ho ritrovato ne “I fratelli De Filippo” nel ruolo dell’amante e la prima frase che gli ho detto è stata: “Io sono innamorata di te da quando avevo nove anni”».

D: Quali sono i prossimi progetti in cui la vedremo?

«Porto in scena da qualche tempo Il baciamano” di Manlio Santanelli, diretta da mio marito, Giovanni Esposito – è stata la sua prima regia. È molto forte e potente.
Sul piano televisivo, l’anno scorso ho realizzato “Mina Settembre”, “Il commissario Ricciardi” e “Lolita Lobosco”.

Stiamo girando la seconda stagione di “Mina Settembre”, parallelamente sono sul set della serie “La vita bugiarda degli adulti” diretto da Edoardo De Angelis, con Valeria Golino – è previsto su Netflix.

È in cantiere un altro spettacolo teatrale che dovrebbe debuttare all’Augusteo di Napoli in primavera, si intitola “Affetti collaterali”. Mi auguro anche che si riesca a riprendere quanto prima la tournée di “Exit” scritto a quattro mani da Giovanni con Antonio Marfella. Mio marito cura anche la regia e ricopre il ruolo di mia madre».

 

Ph cover Piergiorgio Pirrone
Location: San Anselmo Hotel, Roma

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