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Artisticamente Magazine

Viola Graziosi: «Il teatro è nutrimento. “Fellini Dream” è una grande sfida»

Viola Graziosi: «Il teatro è nutrimento. “Fellini Dream” è una grande sfida»

Tempo di lettura: 7 minuti

 

VIOLA GRAZIOSI ci ha fatto cogliere in quest’intervista tutto il potenziale di “Fellini Dream” (non avendolo potuto vedere dal vivo) così come tutto il lavoro che c’è dietro. Dal soggetto del film mai realizzato di Federico Fellini, “Il viaggio di G. Mastorna”, Emiliano Pellisari ha ideato, scritto e diretto uno spettacolo in cui i generi si intersecano, dove prosa, danza, musica e l’illusione scenica si fondono insieme. I confini e le distanze tra attori e danzatori vengono aboliti.
Avrebbe dovuto debuttare, nelle intenzioni, a fine 2020 se fossero stati riaperti i teatri; ma anche nella chiusura gli artisti sono riusciti a vedere il bicchiere mezzo pieno, continuando a prepararsi (assimilando la tecnica di NoGravity molto particolare, su tre dimensioni) per un lavoro così complesso per cui non si finisce mai di affinare neanche post debutto.

Viola Graziosi racconta l’impatto col pubblico


D:
Qual è stata la percezione a caldo post debutto?

«L’impatto col pubblico, che era ciò che desideravo maggiormente, è stata una sorpresa e una conferma. Per me è sempre una sfida come l’incontro con una persona perciò non si può dare nulla per scontato. Abbiamo avvertito gioia da parte degli spettatori e per un artista è il regalo più grande. Hanno partecipato a un racconto immaginario, un incontro tra le diverse arti che ha in sé qualcosa di molto artigianale – questo è un aspetto che mi ha fatto subito aderire al lavoro di Emiliano Pellissari – e onesto. Sul palco si crea la ‘magia’, col pubblico che contribuisce in quanto deve aderire a questo immaginario. Tutto ciò può avvenire anche perché è tutto svelato. Ci si riconosce e si fa insieme.
Rispetto al mio percorso precedente, come ad esempio le messe in scena al Teatro Greco di Siracusa, dove l’impatto con la platea è forte, in quel caso ciò che si avverte è la catarsi; qui tra danza, gioco, illusionismo, qualcosa di clownesco è un’esperienza nuova per un’attrice come me, entusiasmante, mi sta insegnando tanto mettendo insieme la curiosità con le peculiarità che appartengono al mio mestiere di interprete – vedi il lavoro sul corpo, ovviamente differente nella prosa rispetto a quello che si effettua con una coreografa».

Il lavoro per “Fellini Dream”


D:
Si legge nella presentazione allo spettacolo che usando l’immaginazione siamo liberi da vincoli fisici. Pensando al suo percorso artistico, quanto l’immaginazione l’ha liberata?

«Qui i vincoli fisici sono totali poiché ciascuno di noi ha una gamma di movimenti ben precisi o di ostacoli – ad esempio ho un cappello gigantesco – e all’interno di essi si trova la massima libertà che, per me, richiede l’immaginazione. L’arte ci mette di fronte allo straordinario, ciò risveglia la fantasia. Per poter onorare dei movimenti che prevedono delle tecniche specifiche fisiche (dallo stringere la pancia ad allungare la muscolatura) devo associare tutto ciò al racconto. Lavoro da anni con Graziano Piazza, con cui siamo compagni nella vita, su ciò che è mettere insieme corpo, mente ed emozioni. In più, in questo caso, l’essere due coppie con Emiliano e Mariana/P (coreografa e prima ballerina dello spettacolo) ci ha portato a metterci ancora più in gioco. Ci siamo specchiati in questo nostro collaborare insieme.

Viola Graziosi

Nel costruire e portare sul palcoscenico “Fellini Dream” sono eccitata come una bambina e come donna nel riscoprire la capacità ludica del gioco e, al contempo, non escludo di poter piangere in un attimo veramente e subito dopo ridere».

L’importanza dell’immaginazione


D:
Si è rapportata con dei grandi classici, a partire dalla tragedia, quanta immaginazione possono suscitare?

«L’immaginazione è un fattore imprescindibile per incarnare importanti personaggi come Clitemnestra, a breve mi appresto a calarmi in Medea in un bellissimo testo scritto sempre da Luciano Violante. Ho realizzato anche una Pentesilea che era quasi una macchina olofonica (si riferisce a “Penthy sur la bande”)».

D: Quanto questa sfida ha solleticato dei sensi diversi?

«Tanto. Io sono convinta che i ruoli arrivino quando si è pronti. La chiave dello spettacolo è proprio come il mondo felliniano: surreale, ‘pazzo’, giocoso, erotico e allo stesso tempo provocatorio e incontenibile. È un universo nuovo in quanto ludico che risveglia una parte di me incontrollata e sconosciuta. Federica, è un po’ un’Alice nel Paese delle Meraviglie per cui mi permette di giocare con tutta quella parte di bambina cattiva che è in me così come in tutti noi, ma che magari non aveva ancora trovato luogo in un personaggio. Si tratta di un ruolo maschile declinato al femminile e anche questo implica una gamma di significati essendo molto sensibile al tipo di personaggi che incontro. Credo che il femminile debba lottare ancora tanto per avere pari personaggi di quelli maschili; molto spesso la donna entra ancora nel cliché.

Viola Graziosi NoGravity

Federica è frutto della scrittura autoriale di Emiliano ed è un alter ego di Fellini al femminile, è straordinario per un’attrice potersi nutrire di tutto questo [si avverte tutto il suo trasporto nel raccontare questa esperienza], entrando in una specie di grande mondo onirico, da luna park, ma anche con la profondità di un tema come quello di essere nel mondo dei morti. Il regista afferma che la morte è la separazione dagli affetti perché l’anima trova possibilità di trasformarsi.
Ci si trova di fronte a un mondo fantastico e parallelamente vediamo una donna che fa i conti coi sensi di colpa (ha tradito il marito e forse se stessa)».

Viola Graziosi Graziano Piazza

D: È interessante l’idea del viaggio dantesco, in cui c’è un Virgilio particolare a cui dà voce e corpo Graziano Piazza…

«Prima del debutto gli ho detto: “Tu che mi hai insegnato a volare, adesso insegnami a volare anche in questo spettacolo, o mio Virgilio”. Cerchiamo nella nostra vita professionale e personale di insegnarci l’un l’altro a volare, inteso come senso di libertà espressiva, di apertura delle ali, ciascuno insieme all’altro, ma anche singolarmente. L’amore non deve essere una prigione, si deve avere la possibilità di scegliere di volare l’uno accanto all’altro: è una metafora bellissima. Non poteva che essere lui il mio Virgilio: raggiungere la leggerezza e questa idea di possibilità e libertà nel lasciar fluire i pensieri e di abbandonarsi a quello che è la vita. In teatro si cerca spesso il senso, difficilmente si sente parlare solo di bellezza in quanto tale, con Emiliano è accaduto anche questo.

La responsabilità artistica oggi


In questo momento in cui noi artisti avvertiamo la necessità di riportare il pubblico a teatro
pensando a lui e che noi, col lavoro e con la vocazione per questa professione, non possiamo fare altro che cercare di comprendere noi stessi e la vita per poterla trasmettere e condividere nello spazio magico dell’incontro, che corrisponde al teatro, uno dei pochi luoghi dove ci si incontra e si partecipa a un’esperienza comune. Tenendo conto di tutto ciò, mi sembra essenziale e bello riportare gli spettatori in platea con una storia profonda, che affronta dei temi riguardanti tutti i tempi, ma, per ciascuno di noi, oggi, assumono un significato nuovo e presente… e tutto questo stimolando l’immaginazione».

Fellini Dream

Viola Graziosi: «Perché fare teatro oggi?»


D:
Si avverte in maniera molto forte quanto le stia a cuore la questione spettatoriale…

«Per me il teatro è un luogo di conoscenza, nutrimento e cura. La salute si compone di tanti aspetti, lungi da me creare paragoni, ma è vero che in Italia si dimentica che la cultura nutre e salva le vite. Le persone fanno fatica a tornare a teatro; innegabilmente ci sono delle domande da porsi. Ritengo utile per me stessa cercare la mia responsabilità e possibilità artistica. Forse alcune persone sono rimaste scottate da tentativi di visione da cui sono rimaste deluse. Tocca a noi far in modo che ogni volta che lo spettatore viene, possa tornare a casa provando questo pensiero: ho ricevuto qualcosa che non ho avuto altrove, la mia vita è più ricca, domani mi sveglierò ben nutrito. Tutti i testi teatrali parlano di noi e dovremmo poterci riconoscere usando ogni volta dei linguaggi e degli immaginari differenti, però ciò di cui si parla è sempre l’uomo. È un momento delicato per cui dobbiamo pensare al pubblico quando creiamo gli spettacoli e non a noi stessi, l’obiettivo non deve esssere far vedere quanto siamo belli e bravi.

Viola Graziosi Graziano Piazza

Un’esperienza come “Fellini Dream” è stata fondamentale in quanto io stessa ho necessità di essere stimolata e trovare altri artisti con cui condividere viaggi che arricchiranno tutto il mio percorso. Non voglio ripetere ciò che so fare e, in questa circostanza, sia io che Graziano ci siamo messi in difficoltà, non sapevamo in partenza se saremmo stati all’altezza di onorare tutto ciò che ci veniva richiesto. Quello che sento di dire è che il pubblico verrà quando sentirà che non si va a ‘chiudere’ in teatro, ma tornerà spontaneo dire: voglio andare ad aprirmi lì perché nella cosiddetta scatola magica mi sento libero, scopro delle cose di me e mi dà quell’apertura di cui ho bisogno per vivere. Chi non si sta recando o è perché non ha avuto modo di conoscerlo o ha avuto esperienze che non l’hanno conquistato. Mi piacerebbe tantissimo riuscire a suscitare curiosità in chi non è mai stato a teatro – c’è davvero un bacino di utenza enorme. Sogno che un giorno possa essere un luogo dove le persone possano passare, entrare a guardare le prove, giocare con questa materia. Poco prima della pandemia coltivavo la domanda: perché fare teatro oggi?».

Viola Graziosi Graziano Piazza

D: Tornando a “Fellini Dream”, quanto questo progetto ha aggiunto rispetto all’immaginario felliniano che lei aveva?

«Esserne parte e ritrovare l’aspetto più bello di Fellini: riusciva a creare il Cinema, i suoi film mettevano in atto questo tipo di ricerca del ‘fare nel fare’. Questo mi ha permesso di conoscerlo intimamente perché, a mio parere, Emiliano ha capito davvero l’essenza di Fellini trasformata in questo strano femminile che interpreto. Papà è originario di Rimini, ma sono cresciuta in Tunisia, ho trascorso diversi anni in Francia perciò anche il mio rapporto con l’Italia si è costruito col tempo; adesso è come se lo avessi riconosciuto come familiare, vicino, avvertendo dentro di me qualcosa che riguarda l’influenza felliniana pur non consapevole».

D: Questo viaggio è stato immaginato nel Purgatorio…

«È una cantica che amo moltissimo, con Graziano lo abbiamo portato in scena a Sacromonte durante la scorsa estate. Qui do corpo a Federica all’interno di questo percorso sciamanico purgatoriale nell’al di là felliniano. Il Purgatorio è la cantica a noi più vicina, dove non ci sono figure mostruose, ma gli affetti, le amicizie, i rapporti che forse diamo più per scontati. Diventa, quindi, una grande possibilità per comprendere ciò con cui viviamo, che ci manca e mancherà, per cui va onorato nella nostra esistenza, magari anche in modo scanzonato e irriverente, ma sempre in maniera genuina».

Ci auguriamo di poter partecipare presto a questo viaggio in cui ognuno potrà crearsi il proprio “Fellini Dream” grazie all’immaginazione suscitata dallo spettacolo.

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